16 dicembre 2007

Le Rotoballe le saline le discariche.

Tono
Semitono
Monocromo
Ultrasuono
Borderò

Qualche cosa imparerò.
Anche se mi sa di no.

Capita che vai ad un concerto dove suona un gruppo semi-sconosciuto; una sera, magari, che non hai di meglio da fare e hai voglia di uscire un po' per vedere gente, fare cose, prendere una birra e una boccata d'aria fresca. Quasi sempre, il gruppo semi-sconosciuto rimane tale; tu ti bevi la tua birra, ti fai la tua chiacchierata, e se loro sono bravini riesci anche a fare due salti, poi torni a casa e il giorno dopo di loro non ti ricordi nemmeno il nome.
La sera di Venerdì 8 Luglio di due anni fa, a Forlì pioveva che Dio la mandava. Sfidando il tempo a dir poco inclemente, si decide di andare a vedere un concerto alla festa dell'Unità, nella Zona franca (l'area ggiovani - mentre nell'arena centrale c'era l'immarcescibile Sgabanaza Show).
Non appena salgono sul palco i Jean Fabry, ti basta guardarli in faccia per capire che, contrariamente al solito, questo gruppo semi-sconosciuto non te lo scorderai più. Il loro spettacolo non è nemmeno un vero e proprio concerto, ma pare piuttosto un happening rilassato, tra il cabaret-balera e il punk da cantina, una sorta di Frank Zappa al Sangiovese.
Oltre ai pezzi ormai mitici del loro primo (e unico) album, Antonio Baruzzi e compagni snocciolano delle vere e proprie perle ancora criminalmente inedite al grande pubblico: Mercatone (col ritornello ossessivo e megafonato: "sconti su sconti su sconti"), E zir d'e clomb (una mazurka claudicante e piuttosto brilla), La grande Tavana (una quadretto pittorico-esistenziale della bassa romagnola).
E come dimenticare la chiusura del concerto, il gran finale con Marlowe che lancia davvero i pappi dei pioppi sul pubblico? Beh, bisogna averlo visto coi propri occhi.
Immensi.

Finito il concerto, mi precipito sotto il palco a comprare il cd e scopro una grande band dallo spirito cazzone ma con una reale competenza musicale che gioca sull'accostamento di suoni familiari e strani, dalla fisarmonica di CdA, al Theremin di Ma mi sa di no, ai coretti-fantasma di Lamento di un venditore di libri (canzone che mi è particolarmente cara). Testi stralunati e geniali, sottili citazioni musicali (dai Pink Floyd a Jimmy Sommerville) e nessuna presunzione (ah, la vera umilté, come direbbe un loro celebre conterraneo). Qualcosa che mi ricorda lo spirito, se non la musica, dei primi Ottavo Padiglione, quando non erano ancora nessuno e girava una cassetta con su disegnato un accendino (ma qui mi fermo subito per evitare una partenogenesi immediata e incontrollabile di post a cascata...)

In attesa di vederli on stage a Parigi, a quei pochi fortunati che bazzicheranno il contado faentino Venerdì 21 dicembre 2007 (ma conoscendo i miei 12 lettori, non credo che sarete in molti), raccomando lo show dei Jean Fabry denominato sobriamente CELACANTO. Canzoni Ritenute Estinte che i nostri eroi performeranno al Luogocomune (una ex-scuola elementare in mezzo ai campi, tra la Via Emilia e Oriolo dei Fichi, una decina di chilometri verso nordest rispetto al luogo dove è stata scattata la foto del bipede al volante che orna questo post e che mi ricorda il mio glorioso passato di sradicatore di piante da frutto nella premiata ditta DelMonte&Figli: ma qui mi fermo davvero perché se no la cascata non si arresta più...)

2 commenti:

Laura ha detto...

cosa sono i pappi dei pioppi?
Sono costretto a farti questa domanda a causa della mia origine meridionale e per la poca dimestichezza, purtroppo o per fortuna, coi lunghi filari di pioppi nella pianura padana...

arcomanno ha detto...

Fratello,
hai tre possibilità

1) Lo chiedi a Laura;
2) lo cerchi su Google (si trova tutto...);
3) ti vai a vedere i Jean Fabry questo Venerdì e lo scoprirai da solo (nello stesso modo in cui l'ho scoperto io).

Potrai approfittare della gita per cenare a Forlì, alla Cantina di Via Firenze, dove spero ci sia ancora il proprietario di origini siciliane che ha un primosale fantastico: tornando giù in Toscana, potresti poi passare da Santa Sofia, dai compagni dell'agriturismo Il mulino di culmolle e gustare, tra le altre cose, il vero raviggiolo caldo caldo: una poesia...

E visto che vai da quelle parti, non può mancare un salto da Tomba, dal quale prenderai un cotechino per festeggiare degnamente il Natale...