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6 aprile 2010

En passant, Jean Fabry

Ué, cio', alòra, se non vuoi cadere a pezzi, stringi le viti di tanto in tanto!
Prima che il cameriere ti porti il conto
Prima che la risata diventi un pianto
Prima che  il tuo cervello si dia per vinto
Prima che per errore ti faccian santo
Stringi le viti di tanto in tanto.
(Jean Fabry, Stringi le viti di tanto in tanto)

I Jean Fabry colpiscono ancora: sul loro sito è disponibile l'Ep En passant, creatura nuova di zecca e freschissima, scaricabile - come al solito - gratuitamente (ma se lasciate un commento, la band russiana ve ne sarà grata) e "con tanto di copertina". In un solo clic guadagnerete una ventina di minuti di buona musica e di consigli stralunati e nonsense per la vostra vita. Che volete di più?
Di questo disco dedicato a Enzo Jannacci (con disegni originali di Galileo Galilei), la mia canzone preferita è Dove si nasconde il camaleonte?, una leggiadra filastrocca degna di Gianni Rodari, su un ritmo World Music alla Peter Gabriel (senza contare i cori della bravissima Sofia che mi hanno ricordato questo pezzo). Prima di levarmela dalla testa (se ce la faccio), la proporrò ai miei allievi di italiano, insieme a Cento, cento.

Alla genuina modestia del loro frontman (voce/chitarra), rispondo qui che la speranza, nel loro caso, non è mai mal riposta e che, almeno da queste parti, i Jean Fabry strappano molto più che un sorriso benevolo.

15 ottobre 2008

Scaricate, gente, scaricate...

Muxtape è definitivamente chiuso e qui potete trovare la storia completa raccontata dal suo ideatore: dopo alcuni tentativi di accordo che stavano per andare a buon fine, le majors sono intervenute con i loro soliti mezzi diplomatici: avvocati, fucili e soldi.


Ma il fine, come sapete tutti, è più che nobile: mantenere il tenore di vita dei miliardari a livelli accettabili (caviale, limousine, liposuzioni, cliniche per disintossicarsi, in questi tempi di crisi sono schizzati alle stellle). Intanto è venuto fuori questo seeqpod, che è un servizio simile, ma non permette di uploadare canzoni proprie (almeno non direttamente): fatemi sapere che ve ne pare...

Oppure i JeanFabry - seguendo un po' le orme dei Radiohead - hanno fatto una cosa gagliarda: hanno messo in rete tutto il loro materiale a disposizione . Oramai potete scaricare gratìss (beh, non proprio gratis: in cambio vi chiedono di lasciare un commento...) non solo l'ormai mitico Rotoballe, ma ben altri tre diconsi tre album dal loro sito, con tanto di copertine da stampare: La televisione non esiste; Celacanto (canzoni ritenute estinte); Fruga nel rusco (Raschiatori di barili vol. 1).
Finalmente, capolavori del calibro de La Grande Tavana, E zir d'e clomb o Mercatone sono alla portata di tutti quelli che non sanno dove mettere l'accento sulla Cosina o non hanno la minima idea di dove sia la Bianzarda di Corleto.
Tra le chicche, una versione live de Il canto della sirena registrata al Baraonda: e il cerchio si chiude.
Buon ascolto.

16 settembre 2008

Fenicotteri rosa che se ne volano via.

Richard William Wright (1943-2008)

I miti di gioventù se ne vanno e noi dedichiamo pezzi di musica in forma di orazioni funebri. Fernando mi dice che stasera riascolterà Wish You Were Here: anch'io pensavo di proporre una Shine On You Crazy Diamond con il suo assolo iniziale, ma è molto lungo, e pesa un quintale: e poi si conosce a memoria. Altro pezzo epico poteva essere Echoes (di cui ho visto la versione del Live at Pompei, l'altra sera su Arte) e pure lì il vecchio Richard assolava niente male; ma anche quei 23 minuti e rotti sono decisamente troppi per il tempo e lo spazio di un blog. Vi consiglio allora di ascoltarvela da soli, nel chiuso delle vostre camerette mentre ripensate a quanto siete vecchi (e a quanto vi state pericolosamente avvicinando agli splendidi quarantenni di morettiana memoria).

Io invece voglio rimanere spensierato (Happy-Go-Lucky) e per questo metterò sul piatto un pezzettino simpatico, dal tono vagamente français, dove il piano di Richard Wright accompagna l'idea di un inquietante tête-à-tête tra Roger Waters e Rita Pavone, giusto per rimanere nel filone delle curiosità un po' snobistiche dei fan, dei paraphernalia, degli "scusi, dov'è il bar?", o se preferite, visto che avete voluto vedere Parigi, dei "s'il vous plaît, où est le bar?"

10 agosto 2008

976

Cosa strana, ma a Parigi è più facile incontrare qualche vecchia 500 che una R4: nel vintage, si sa, l'esotismo è una componente importante, perfino nella patria di Monsieur Chauvin. Ho una discreta collezione di foto di 500 parigine, e prima o poi le posterò. Queste però sono proprio "vecchie carrette", cioè vecchie fiat che non vedo in giro da moltissimi anni (praticamente da quando ho lasciato il natio borgo selvaggio, nell'ormai lontano A.D. 1991). Passi per la 126, ma una 850 ormai è davvero una rarità!

125.jpg

Rue Oberkampf
(11e)


850.jpg

Rue Sainte-Marthe
(10e)

PS: L'850, comunque, era in una location adatta: Rue Sainte-Marthe, in alcuni angoli, sembra davvero l'Italia degli anni '50 (ancora per poco, però).

26 giugno 2008

Da Genova a Livorno, passando per Buenos Aires

Chiunque abbia passato più di due giorni in una qualsiasi città costiera del Tirreno settentrionale, tra Genova e Livorno, conosce senza dubbio quella specie di focaccia fatta di farina di ceci e cotta al forno che prende il nome di produzione, di farinata in Liguria, torta di ceci o più rapidamente cecìna, in Toscana.

L'altra domenica eravamo ad una festa di compleanno di un'amica franco-argentina e ad un certo punto sul buffet, tra quiches, tarama e tzatziki, spunta fuori un piatto con sopra qualcosa che rassomigliava molto ad una cecina: di fresco ritorno da un soggiorno Lucco-Pisano (nella città di Santa Zita, peraltro, ho mangiato una delle peggiori pizze della mia vita, ma lasciamo perdere), l'assaggio subito ed esclamo stupito e felice: "ma è cecìna! (pure piuttosto buona)". Si avvicina un altro amico franco-argentino che mi spiega: "è una specialità argentina, tipica di Buenos Aires: si fa con la farina di ceci, l'acqua, l'olio di oliva e si cuoce al forno".

Mmhh... specialità argentina... Tipica di Buenos Aires... No, non mi freghi. E allora dico "Ma sapete, è una cosa che si mangia anche in Italia, più precisamente lungo tutta la costa Tirrenica, a nord di Livorno". Mi guardano un po' così, come se avessi detto una banalità: capirai... gli italiani a Baires... hai scoperto l'acqua calda...
A questo punto si tratta solo di scoprire chi è stato il primo ad importarla. Non so perché, ma tenderei a priori ad escludere i toscani (ce lo vedete un Pisano o, peggio, un Livornese emigrato a Buenos Aires che apre una pizzeria? Ma ti levi di 'ulo?). Quando poi mi dicono che la specialità si chiama Fainà, a quel punto è sicuro: liguri furono i primi importatori della torta di ceci in Argentina.

E facendo una breve ricerca, si definiscono meglio i contorni della storia: fine ottocento, il quartiere della Boca, i portuali genovesi, (in buona parte anticlericali, anarchici, socialisti: chissà perché esportiamo sempre i meglio pezzi, noi italiani), le tradizioni culinarie indissociabili da qualsiasi emigrazione: "Moscato-pizza-fainà".

Sembra che oggi la migliore pizzeria di Buenos Aires sia Guerrin: lì la fainà si mangia da sola oppure nella sua versione hard-core, sopra un quarto di pizza.

Vedendo queste foto mi ritorna alla mente quando andavo, mille anni fa, dal Montino a Pisa, orgoglioso produttore di pizze fritte untissime (ma la cecina era molto buona) e ogni tanto arrivava un bimbetto più largo che alto, paciocconissimo, ordinava un quarto di pizza con cecina e si infilava presto presto in bocca quel bel mattoncino farcito colante olio...

Minchia, c'ho fame...

9 aprile 2008

Poi non dite che non vi avevamo avvisati

JeanFabry presenta

raschiatori di barili.jpg

Mercoledì 16 Aprile 2008, ore 21.30

Mataluna
via Rossetta 144, Rossetta (RA)
0545.58200 - www.myspace.com/mataluna

proporranno il raschiato:
Claudio Molinari e la sua chitarra elettrica
Vinsil McJagger
JeanFabry con ospiti a sorpresa

Interverranno:
Dr. Marinetti e Dr. Pirobutirro

www.jeanfabry.net



Cosa c'è di meglio di una simpatica serata per festeggiare il fondo del barile?


16 dicembre 2007

Le Rotoballe le saline le discariche.

Tono
Semitono
Monocromo
Ultrasuono
Borderò

Qualche cosa imparerò.
Anche se mi sa di no.

Capita che vai ad un concerto dove suona un gruppo semi-sconosciuto; una sera, magari, che non hai di meglio da fare e hai voglia di uscire un po' per vedere gente, fare cose, prendere una birra e una boccata d'aria fresca. Quasi sempre, il gruppo semi-sconosciuto rimane tale; tu ti bevi la tua birra, ti fai la tua chiacchierata, e se loro sono bravini riesci anche a fare due salti, poi torni a casa e il giorno dopo di loro non ti ricordi nemmeno il nome.
La sera di Venerdì 8 Luglio di due anni fa, a Forlì pioveva che Dio la mandava. Sfidando il tempo a dir poco inclemente, si decide di andare a vedere un concerto alla festa dell'Unità, nella Zona franca (l'area ggiovani - mentre nell'arena centrale c'era l'immarcescibile Sgabanaza Show).
Non appena salgono sul palco i Jean Fabry, ti basta guardarli in faccia per capire che, contrariamente al solito, questo gruppo semi-sconosciuto non te lo scorderai più. Il loro spettacolo non è nemmeno un vero e proprio concerto, ma pare piuttosto un happening rilassato, tra il cabaret-balera e il punk da cantina, una sorta di Frank Zappa al Sangiovese.
Oltre ai pezzi ormai mitici del loro primo (e unico) album, Antonio Baruzzi e compagni snocciolano delle vere e proprie perle ancora criminalmente inedite al grande pubblico: Mercatone (col ritornello ossessivo e megafonato: "sconti su sconti su sconti"), E zir d'e clomb (una mazurka claudicante e piuttosto brilla), La grande Tavana (una quadretto pittorico-esistenziale della bassa romagnola).
E come dimenticare la chiusura del concerto, il gran finale con Marlowe che lancia davvero i pappi dei pioppi sul pubblico? Beh, bisogna averlo visto coi propri occhi.
Immensi.

Finito il concerto, mi precipito sotto il palco a comprare il cd e scopro una grande band dallo spirito cazzone ma con una reale competenza musicale che gioca sull'accostamento di suoni familiari e strani, dalla fisarmonica di CdA, al Theremin di Ma mi sa di no, ai coretti-fantasma di Lamento di un venditore di libri (canzone che mi è particolarmente cara). Testi stralunati e geniali, sottili citazioni musicali (dai Pink Floyd a Jimmy Sommerville) e nessuna presunzione (ah, la vera umilté, come direbbe un loro celebre conterraneo). Qualcosa che mi ricorda lo spirito, se non la musica, dei primi Ottavo Padiglione, quando non erano ancora nessuno e girava una cassetta con su disegnato un accendino (ma qui mi fermo subito per evitare una partenogenesi immediata e incontrollabile di post a cascata...)

In attesa di vederli on stage a Parigi, a quei pochi fortunati che bazzicheranno il contado faentino Venerdì 21 dicembre 2007 (ma conoscendo i miei 12 lettori, non credo che sarete in molti), raccomando lo show dei Jean Fabry denominato sobriamente CELACANTO. Canzoni Ritenute Estinte che i nostri eroi performeranno al Luogocomune (una ex-scuola elementare in mezzo ai campi, tra la Via Emilia e Oriolo dei Fichi, una decina di chilometri verso nordest rispetto al luogo dove è stata scattata la foto del bipede al volante che orna questo post e che mi ricorda il mio glorioso passato di sradicatore di piante da frutto nella premiata ditta DelMonte&Figli: ma qui mi fermo davvero perché se no la cascata non si arresta più...)