Visualizzazione post con etichetta sarkoland. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sarkoland. Mostra tutti i post
8 maggio 2012
Sondaggi francesi, proiezioni e sospiri di sollievo
E insomma, eravamo lì pronti alle 19 e 58 con lo champagne, in attesa delle prime stime davanti alla TV. Già da ore, tuttavia, gli exit poll pubblicati sui siti belgi e svizzeri (in Francia sono vietati) avevano reso il momento molto meno solenne ma si sa, l’exit poll è quel che è. Oppure no. Ad ogni modo, alle 20 in punto il dato atteso arriva: François Hollande è eletto nuovo presidente della Repubblica Francese con il 51,90 percento dei suffragi. Alè, via il tappo, auguri, brindisi.
Malgrado il clima di festa, a me viene spontaneamente da obiettare. No, ma aspettate: 51 e 90. Siete proprio sicuri che questa stima non venga ribaltata? A me sembra un margine davvero esiguo. E dunque mio cugino mi spiega (per l’ennesima volta) che sono ancora troppo italiano: siamo in Francia, già i sondaggi sono molto accurati, gli exit poll pure e figurarsi dunque le stime (proiezioni eseguite su un campione di seggi già scrutinati). E poi l’elezione è tra due candidati, il margine di errore è davvero esiguo. «Fidati. E brinda. Salute!».
Sarà, penso io, con il mio solito scetticismo che rasenta l’ottusità. Dunque brindo, ma resto sospettoso ad ascoltare il dibattito nello studio televisivo. Un giro di pareri, da destra a sinistra. Nessuno che dica, per esempio: «Aspettiamo il risultato finale». Oppure: «Ogni commento sarebbe prematuro: senza i dati di Marsiglia è inutile qualsiasi previsione». O ancora: «Ci sono tre seggi in Corsica che devono essere ancora scrutinati». Niente. François Hollande è il nuovo presidente della Repubblica Francese. Punto. Il risultato è talmente dato per buono che mezz’ora dopo Sarkozy annuncia la sconfitta davanti ai suoi sostenitori. «Ho perso», dice, e fa un discorso peloso, molto faux-cul, augurando buon lavoro a Hollande (sotto una selva di buuuuuuuuu! da parte dei giovani sarkozisti in sala) tirando in ballo la Francia Eterna, l’Interesse Superiore, la Democrazia, il Riconoscimento dell’avversario, il Fair Play. Cioè tutto il contrario di quello che in cinque anni di Presidenza non ha mai messo in pratica.
Nice try, direbbero gli americani: bel tentativo. Ma è troppo facile, Nicolas, uscire con stile, con questo beau geste troppo teatrale. Dopo aver governato per cinque anni nel disprezzo totale dei cittadini, dopo aver fomentato l’odio verso l’altro – verso ogni forma di altro – la paura, il razzismo, giocando col fuoco del sentimento di insicurezza, sfruttando a turno il livore paranazista degli Hortefeux, dei Guéant, dei Longuet e dei Devedjian, che hanno grufolato con la bava alla bocca nella porcilaia fascista del Fronte Nazionale, titillando i peggiori istinti dell’animo umano per le tue bieche speculazioni politiche.
Sei stato uno dei peggiori presidenti della Francia e la Francia ti ha mandato a casa. Maldigerito già cinque anni fa, eletto controvoglia per mancanza di avversari decenti, non sarai di certo rimpianto. Non dal barista sotto casa, almeno, che aveva scritto un grande «Ouff! Il est parti!!! (se n’è andato)» sulla lavagnetta fuori dal locale. E’ uscito con i gessetti in mano, quando ha visto che Franz voleva aggiungere qualcosa. Abbiamo chiacchierato un po’, era visibilmente sollevato. Ci parlava di cinque anni di tristezza, di clima allucinante di sospetto e sfiducia reciproca. E giù ad inveire contro Nicolas Le Petit, la sua arroganza, lo sfoggio spudorato della sua ricchezza, degli amici, del clan, dei favori ai parenti. «Sotto Chirac abbiamo vissuto comunque», aggiungeva, sottolineando come il sarkozismo – per fortuna durato solo (!) cinque anni – ha rappresentato una vera e propria frattura con tutto ciò che la Francia ha conosciuto nel suo recente passato.
Oggi il sarkozismo è finito e in Francia si torna a respirare. Da fuori può sembrare solo una semplice alternanza: da qui assomiglia di più a un pericolo scampato appena in tempo.
scritto da
arco
alle
11:53
2
commenti
2 maggio 2012
La France Morte
![]() |
«Votate Aids!», recita lo slogan dell'associazione Act-Up Paris, sotto un manifesto che fa la parodia della campagna ufficiale di Nicolas Sarkozy («La France Forte»). |
Eravamo in tantissimi ieri a Parigi, molti, ma molti di più della ridicola cifra ufficiale della Prefettura (un 48.000 che avrebbe dovuto bilanciare i circa 35.000 sostenitori dell'UMP riunitisi al Trocadero), in uno dei cortei più variegati a cui abbia mai partecipato: dagli anarchici della CNT ai militanti PS, dalle trentasei correnti trotzkiste per la Rifondazione della Quarta Internazionale ai Verdi, da ATTAC ai NeoRooseveltiani, dal Front de Gauche a una miriade di associazioni.
Una Francia viva, quella di ieri, che ha tanta voglia di scrollarsi di dosso il quinquennato del «Presidente della putrefazione».
24 aprile 2012
16 marzo 2012
23 giugno 2011
23 marzo 2011
«Dieci? Ma stai cercando di insultarmi?»
Dopo qualche giorno di trombe (e parecchi tromboni) trionfali, gli articoli scettici sull'intervento Occidentale in Libia si moltiplicano anche in Francia. Oggi è la volta di Jean-Yves Moisseron, vicedirettore della rivista Maghreb-Machrek, che dalle pagine di Le Monde sostiene apertamente la necessità di trattare con Gheddafi, considerata anche la situazione attuale:
Per evitare uno scenario potenzialmente disastroso, bisogna dunque negoziare:«Le truppe fedeli a Gheddafi dispongono a tutt’oggi dei mezzi per consolidare le loro posizioni. Con i soldati alle porte delle città confusi in mezzo alla popolazione civile, nascosti nelle case, circondati da sostenitori e scudi umani, l’aviazione, i droni e i missili alleati saranno inutili. La logica della guerriglia urbana non ha molto a che vedere con quella delle operazioni in campo aperto. La guerra di movimento si trasformerà presto in guerra di trincea. In città, le battaglie si vincono casa per casa, nell’atrocità del corpo a corpo. Solo gli insorti possono assicurare questa riconquista sul terreno. Paradossalmente è proprio in questi combattimenti che si forgerà la loro legittimità a governare domani.»
«Le occasioni di apertura lanciate da Gheddafi non sono mai cessate dall’inizio delle ostilità ma noi in Occidente non l’abbiamo capito, disorientati da un modo di negoziare esotico. Eppure è lampante: Gheddafi è sempre pronto a negoziare. Ha passato la sua vita a negoziare con le tribù, con gli Stati arabi, con gli Stati africani, con la comunità internazionale. È un provetto conoscitore dei rapporti di forza, delle possibilità d’apertura, dello sfruttamento dei dissensi.»
A questo punto il mio pensiero vacilla tra l'ipotesi che 1) sì, è proprio così: uno dei più triti luoghi comuni sugli arabi è sotto gli occhi di tutti e la banda di fini analisti internazionali plurilaureati che deleghiamo a rappresentarci non se n'è proprio accorta e 2) no dai, non è possibile: la verità è che di negoziare, da questa parte del Mediterraneo, non interessa a nessuno.
Ma il buon Moisseron batte la strada del luogo comune e martella:
«Basta andare nel souk di qualunque medina araba e il suo comportamento diventa limpido e molto prevedibile. Lui rifiuta il negoziato e non propone nulla, perché così si fa per mercanteggiare un tappeto: non bisogna mai scoprire le proprie carte. Ma la sua strategia di comunicazione comporta delle aperture che bisogna cogliere.»
18 febbraio 2011
Rivolte nel mondo arabo. La nostra arroganza colonialista
Le interpretazioni francesi delle rivolte popolari nel mondo arabo sono buoni indicatori di come noi percepiamo questo stesso mondo. Mentre l’Europa si avvita sul suo pessimismo, lamentandosi della sua crisi, popoli sottomessi al giogo di tiranni rialzano la testa e si battono per la libertà.
Un’occasione per dare un po’ di coraggio, scuotere la nostra apatia e impegnarci nella lotta per una società più giusta e meno «aristocratica».
Un inatteso «choc delle civiltà»
Intorpidita dal benessere e alienata dallo spettro della disoccupazione, la Francia della Rivoluzione francese osserva forse la rivoluzione nei paesi arabi con invidia, mentre la sua élite politica e alcuni dei suoi intellettuali temono questi sconvolgimenti e li commentano seguendo griglie di lettura di altri tempi, ereditate dal colonialismo. Si chiedono come mai gli antichi colonizzati sono capaci di ribellarsi, questi «ritardati della civiltà», questi «islamici-terroristi» obnubilati dalla loro religione «retrograda». Le donne che in occidente volevamo liberare levando loro il velo, stanno portando avanti la rivolta – con o senza velo –, a fianco degli uomini, su un piano di uguaglianza, laggiù nelle pubbliche piazze.
Per di più, questi «emarginati» della modernità hanno fatto la loro rivoluzione attraverso i mezzi tecnologici più sofisticati, mentre noi li utilizziamo la maggior parte del tempo per dire al mondo che stiamo facendo una passeggiata o che stiamo festeggiando un compleanno… È proprio questo il vero senso dello «choc delle civiltà»[1], il nostro rincorrere i grandi entusiasmi, le grandi cause suscettibili di cambiare la nostra società. Prigionieri del nostro conservatorismo, siamo costretti a confrontarci con un’esplosione positiva che si è data come obiettivo la destituzione dei tiranni e degli sfruttatori immorali e disonesti.
L’islam come griglia di lettura
Noi abbiamo letto gli eventi attraverso la lente d’ingrandimento dell’islamismo, nemico della modernità e dell’Occidente. Certo queste tendenze esistono all’interno dell’islam e non sono estranee al mondo arabo, il quale è tuttavia multiforme e irriducibile allo schema che noi imponiamo sia all’islam in Occidente che all’islam nel mondo arabo. L’Iran è diventato il centro di ogni nostra riflessione che viene applicata a tutto ciò che si muove nel Mediterraneo musulmano.
In pratica, noi abbiamo trattato questi paesi in ebollizione con l’arroganza ereditata dal colonialismo, dimenticando persino che questi stessi popoli si erano già rivoltati contro lo stesso colonialismo e avevano ottenuto l’indipendenza a prezzo di grandi lotte. Non è la prima volta che prendono il proprio destino in mano come dei veri adulti, non come bambini. La diplomazia preferisce la stabilità all’ignoto. Tuttavia è nell’ignoto che risiede l’avvenire di queste società che aspirano ai diritti universali, non soltanto prerogativa dell’Illuminismo ma bene comune dell’umanità.
Lo spauracchio degli islamisti non basta più a farli arretrare. E se i movimenti di obbedienza islamica si posizionano sullo scacchiere politico e arrivano al potere attraverso un processo democratico, l’Occidente non potrà intervenire per fermarli. La Turchia è governata da una specie di «democrazia musulmana» e nonostante ciò il paese conosce una crescita economica da far impallidire l’Europa, senza perdere il suo dinamismo, la sua creatività e la sua inventiva. Qualcuno potrebbe sostenere che l’emergenza di una «democrazia cristiana» in Europa sarebbe anch’essa un assalto contro le libertà, mentre le destre estreme razziste, islamofobe e populiste insidiano il potere? Ovviamente no. Ma come riuscire a spiegarlo?
Islam, Israele e rivolte in territorio arabo.
Le Point del 3 febbraio e L’Express del 9 rispondono attraverso la loro copertina. Da un lato, una donna velata musulmana, con il titolo «Lo spettro islamico». Dall’altro, una giovane soldatessa israeliana in procinto di indossare il suo elmetto con il titolo «Israele di fronte al risveglio arabo».
La simbologia è chiara: da una parte l’islam retrogrado, dall’altra Israele, moderno e alleato dell’Occidente. Il paragone, non fortuito, ossessiona le menti di molti intellettuali dall’ideologia acrobatica. Secondo il loro avviso (e quello di alcuni «esperti», la maggior parte dei quali conoscono pochissimo la regione), le rivolte nel mondo arabo sfoceranno necessariamente nell’islamismo, cosa che metterebbe in pericolo Israele. Iran, Hamas, Hezbollah, Tunisia, Egitto, sono la stessa cosa. Se l’Olanda non è uguale alla Francia, perché l’Egitto deve assomigliare all’Iran e la Tunisia al Libano?
Alle prossime elezioni, in mancanza di reali programmi politici, qualche partito agiterà il drappo verde dell’islam. Ma sì: perché perdere tempo a sostenere ciò che accade in questo Mediterraneo che ci è così vicino e che, democratizzandosi, si avvicinerà ancor di più ai paesi occidentali per ricostruire in un vero mare nostrum, un insieme di partner democratici e non corrotti?
L’altra paura è che gli islamici al potere mettano Israele in pericolo. Ma si pensa davvero che da un giorno all’altro questi paesi cesseranno le loro relazioni con Israele? Che Israele è solo, fragile e senza difese nella regione? Che l’equilibrio geopolitico verrebbe sconvolto da un giorno all’altro da una democrazia che rimpiazza una tirannide? E che saranno sicuramente (inevitabile fatalismo) gli islamisti, come in Iran, a prendere il potere? Eccoci ancora una volta nelle maglie della rete dove si aggrovigliano islamismo, conflitto israelo-palestinese, eredità coloniale, rifiuto dell’islam e arroganza occidentale.
Le visite pagate dal principe arabo
Anche le visite a spese di questi principi corrotti, effettuate dal nostro Primo ministro e dal nostro ministro degli Affari esteri, ricordano altri tempi, quando ci si andava a servire «laggiù», in cambio del sostegno quantomeno «morale» di despoti locali o regionali poco raccomandabili. Lo stesso ambasciatore francese in Tunisia si è rivelato incapace di guardare con obiettività alla rivolta che si svolgeva sotto le sue finestre, accecato dalla sua visione delle cose: la stabilità (desiderata) del regime di Ben Ali. La stabilità e i dirigenti con i quali sappiamo parlare così bene, sono decisamente più importanti per la nostra élite politica della libertà dei popoli arabi, della quale non sanno che farsene.
A quando una rivoluzione della nostra mentalità per riuscire a vedere al di là del nostro naso e progredire? Sì, abbiamo proprio bisogno di uno «choc» per scuoterci profondamente e risvegliare le nostre società addormentate.
Esther Benbassa insegna Storia dell'Ebraismo moderno all'EPHE ed è Direttrice del «Centre Alberto-Benveniste d’études sépharades et d’histoire socioculturelle des Juifs». L'originale dell'articolo è qui: http://www.rue89.com/passage-benbassa/2011/02/11/revoltes-dans-le-monde-arabe-notre-arrogance-colonialiste-189970
[1] Il riferimento è alla teoria dello «scontro delle civiltà» di Huntington. Il testo gioca sul doppio senso di «choc» in francese («scontro» e «scossa»).
[1] Il riferimento è alla teoria dello «scontro delle civiltà» di Huntington. Il testo gioca sul doppio senso di «choc» in francese («scontro» e «scossa»).
9 dicembre 2010
A Parigi nevica, ma l'inferno è altrove.
Che le condizioni metereologiche siano uno dei temi preferiti dei mezzi di disinformazione di massa, per poter continuare ad avvolgere il cervello del mediacittadino in uno spesso strato di grasso, è cosa risaputa. Pure mi sono un po' stupito, ieri sera, nel sentire l'inviato del TF1 da Chateau-Thierry (locus amoenus a nord est di Parigi, direzione Champagne) ripetere per ben tre volte: "Ici c'est l'enfer", qui è l'inferno. Capisco, certo, che non è bello rimanere fermo in macchina e dover dormire in una palestra di un liceo perché le strade sono bloccate e nessuno ha previsto un piano di intervento serio (tutto ciò mentre Franz glorifica, in sottofondo e con paragone spietato, i Potenti Mezzi Spazzaneve della Autonome Provinz Bozen). Ma addirittura l'inferno! Capisco pure che il povero cronista bloccato sulla A4 abbia freddo, ma via: l'inferno? Senza scomodare Rigoni Stern (dopo aver letto Il sergente nella neve ci penso sempre due volte prima di dire "ho freddo"), bisognerebbe seriamente porre un freno all'uso sconsiderato di termini e aggettivi; ci vorrebbe una moratoria di queste iperboli idiote che finiscono per togliere il senso reale alle cose. L'enfer, c'est les autres, diceva già quel tale. Ma l'inferno è - per adesso - altrove. Parlare di inferno a Chateau-Thierry mentre ad Haiti si muore di colera, oppure - senza andare tanto lontano - mentre tutte le notti di questo inverno migliaia di SDF (Sans Domicile Fixe) e famiglie precarie combattono contro il freddo ai margini delle città di una civilissima Francia, sembra quantomeno fuori luogo.
Se le spariamo grosse adesso per qualche nevicata, quando l'inferno arriverà davvero (sto guardando The Walking Dead e ça fout un peu la trouille, ma se non vi piacciono le storie di zombi potete sempre leggere Ballard per tranquillizzarvi) non avremo più parole e ci toccherà inventarne di nuove.
Se le spariamo grosse adesso per qualche nevicata, quando l'inferno arriverà davvero (sto guardando The Walking Dead e ça fout un peu la trouille, ma se non vi piacciono le storie di zombi potete sempre leggere Ballard per tranquillizzarvi) non avremo più parole e ci toccherà inventarne di nuove.
13 ottobre 2010
Dialogo semivero tra Nicolas Sarkozy e il suo consigliere sociale a proposito di un editoriale di un giornale di sinistra sulla riforma delle pensioni
(Il capo dello Stato francese, all'Eliseo, chiama a gran voce il nome di Raymond Soubie, «consigliere sociale» del capo dello Stato francese).
- Mi ha chiamato, Nicolas?
- Dieci volte.
- Non ho sentito: stavo rispondendo ai giornalisti.
- Appunto, Raymond: volevo sapere se è stato lei a scrivere l’editoriale di Laurent Joffrin uscito ieri su Libération.
- Io?
- Lei.
- Assolutamente no.
- Eppure, guardi: quello che c’è scritto ricorda furiosamente i suoi appunti sulla riforma delle pensioni.
- Non è una novità.
- Certo, ma fino a questo punto! Già inizia con lo scrivere che «Tutti possono capire che sono necessari dei sacrifici».
- Ho letto.
- Ma non è il fondamento delle nostre menzogne?
- Temo di sì.
- E poi, guardi ancora, scrive pure che «la maggioranza dei francesi, palesemente, giudica che non si può rimanere a questo punto e che una riforma, questa o un’altra, è necessaria».
- Fedele Joffrin!
- E qui ancora – giuro che qui mi sembra davvero lei – eccolo che fustiga «coloro i quali sperano in una radicalizzazione del movimento»!
- Aaaaahhh… i piccoli bastardi!
- E ascolti questa, Raymond: «Le dirigenze sindacali, ai vertici e nelle imprese, non possono trasformarsi in mercanti di illusioni»!
- Non l’avrei detto meglio.
- Ma appunto: non è stato scritto sotto la sua dettatura?
- Le giuro di no.
- Ma Joffrin non è di sinistra?
- Certo che sì: ma di destra.
- Mi ha chiamato, Nicolas?
- Dieci volte.
- Non ho sentito: stavo rispondendo ai giornalisti.
- Appunto, Raymond: volevo sapere se è stato lei a scrivere l’editoriale di Laurent Joffrin uscito ieri su Libération.
- Io?
- Lei.
- Assolutamente no.
- Eppure, guardi: quello che c’è scritto ricorda furiosamente i suoi appunti sulla riforma delle pensioni.
- Non è una novità.
- Certo, ma fino a questo punto! Già inizia con lo scrivere che «Tutti possono capire che sono necessari dei sacrifici».
- Ho letto.
- Ma non è il fondamento delle nostre menzogne?
- Temo di sì.
- E poi, guardi ancora, scrive pure che «la maggioranza dei francesi, palesemente, giudica che non si può rimanere a questo punto e che una riforma, questa o un’altra, è necessaria».
- Fedele Joffrin!
- E qui ancora – giuro che qui mi sembra davvero lei – eccolo che fustiga «coloro i quali sperano in una radicalizzazione del movimento»!
- Aaaaahhh… i piccoli bastardi!
- E ascolti questa, Raymond: «Le dirigenze sindacali, ai vertici e nelle imprese, non possono trasformarsi in mercanti di illusioni»!
- Non l’avrei detto meglio.
- Ma appunto: non è stato scritto sotto la sua dettatura?
- Le giuro di no.
- Ma Joffrin non è di sinistra?
- Certo che sì: ma di destra.
(L’originale qui)
4 ottobre 2010
Étrangers partout, nuit blanche 2010
Se c’è un solo mondo, tutti coloro che ci vivono esistono come me, ma non sono uguali a me, sono diversi. Il mondo unico è precisamente il luogo dove esiste l’infinità delle differenze. Il mondo è trascendentalmente lo stesso proprio perché gli abitanti di questo mondo sono diversi. Se si chiede invece a coloro che vivono nel mondo di essere tutti uguali, il mondo allora si chiude e diventa – in quanto mondo – diverso da un altro mondo. Ciò prepara inevitabilmente le separazioni, i muri, i controlli, il disprezzo, i morti e, infine, la guerra.
(Alain Badiou, De quoi Sarkozy est-il le nom?, 2005)
(Alain Badiou, De quoi Sarkozy est-il le nom?, 2005)
Étrangers partout, installazione dell'artista collettivo Claire Fontaine (nota biografica qui, manifesto qui) in Rue Sainte Marthe (Paris 10e) per la Nuit Blanche 2010.
1 ottobre 2010
TV e politica. Del pubblico e del privato
In Francia, in questi giorni, fa notizia uno scambio di cortesie tra il deputato PS Arnaud Montebourg e il Direttore Generale di TF1, prima tv privata francese di proprietà del colosso dell’edilizia e delle telecomunicazioni Bouygues. Il deputato PS avrebbe dichiarato ad un giornalista, a microfoni spenti, che è il momento di «picchiare duro su TF1: è la tv della destra, la tv che veicola idee che distruggono la Francia; è la tv dell’individualismo, la tv dei soldi, la tv del martellamento sull’insicurezza». Il microfono però non era spento e la dichiarazione fa il giro del web. Nonce Paolini, direttore di TF1, manda allora al deputato una richiesta di scuse per le sue parole, giudicate “inammissibili”. Arnaud Montebourg, nella lunga lettera che invia in risposta, non solo non si scusa ma attacca ancora più a fondo la politica culturale di TF1: «Se c’è qualcuno che deve presentare delle scuse - dice Montebourg - è piuttosto TF1 che deve scusarsi con la Francia intera». Di seguito una serie di estratti piuttosto interessanti dalla lettera del deputato PS che può essere letta integralmente qui:
Il canale che lei dirige utilizza a fini commerciali il dominio pubblico herziano, proprietà pubblica che appartiene alla Nazione intera. Di questa proprietà, TF1 e i suoi azionisti sono, secondo la legge, solamente utilizzatori a titolo precario e concessionari fragili ed effimeri. Lo sguardo libero e intransigente di un rappresentante della nazione sul comportamento di un canale che fa un utilizzo contestabile di questo bene pubblico, è parte dei suoi doveri politici e morali elementari. TF1 non ha altra scelta che accettare, piaccia o meno, ogni critica pubblica del suo operato, poiché la televisione rimane un bene collettivo appartenente a tutti i francesi, anche quando essa si esercita nella forma dell’impresa privata che lei presiede. […]
I rapporti di vicinanza politica tra l’orientamento editoriale di TF1 e il potere attuale pone il problema, in una democrazia, del rispetto del pluralismo e della separazione degli interessi pubblici da quelli privati. TF1, a questo proposito, ha una lunga, per così dire, fedina penale, costituita da richiami all’ordine e sanzioni per violazione delle regole del pluralismo politico. Ultimamente, lei ha ritenuto di dover dare la parola per più di 2 ore al Presidente della Repubblica, capo del partito di maggioranza, in un orario di massimo ascolto, lasciando soltanto 4 minuti alla replica della principale dirigente dell’opposizione. Ancora, secondo il Consiglio Superiore degli Audiovisisivi, nel primo trimestre 2010, cumulando TF1 e LC1, il vostro canale di informazione, lei ha offerto 32 ore di tempo di parola al Presidente della Repubblica, al Governo e all’UMP contro 8 ore ai membri dell’opposizione. […]
L’enormità delle violazioni, la pesantezza delle sanzioni e la ripetizione delle infrazioni da più di quindici anni mi portano a considerare la condotta di TF1 come un continuo disprezzo delle nostre leggi e delle nostre regole. Malgrado questi comportamenti biasimevoli, TF1 ha nondimeno ottenuto dai governi e dalle maggioranze parlamentari che si sono succeduti numerosi privilegi e vantaggi indebiti: attenuazione del dispositivo anticoncentrazione, rinnovamento automatico della concessione senza bando di concorso, diritto a una seconda interruzione pubblicitaria durante i film, introduzione forzata sulla tv digitale terrestre - che ha provocato le vive reazioni dei suoi concorrenti. […] TF1 esercita, con la complicità dello Stato, un monopolio privato vantaggioso e incontrollabile su un bene pubblico.[...]
Ma non sono questi i problemi più gravi. Sul piano culturale, bisogna ricordare i danni considerevoli che il suo canale ha provocato sulla visione che i francesi hanno di loro stessi e della nostra società contemporanea. Io mi permetto di sostenere, come è giusto che un rappresentante della Nazione possa farlo, che lei ha partecipato con metodo e costanza all’impoverimento dell’immaginario collettivo dei Francesi. Nella settimana dal 29 settembre al 5 ottobre 2010, lei ha scelto di consacrare 41 ore e mezzo a trasmissioni legate al denaro, televendite o giochi il cui motore principale è l’allettamento del lucro. Le relazioni tra gli uomini non dipendono unicamente dal denaro e una società non potrà mai ridursi a ciò. Eppure su TF1 il denaro è sciaguratamente ovunque. […]
Nel 1987, la società Bouygues aveva ottenuto il diritto di comprare TF1 facendo valere un preteso e sedicente “miglioramento culturale”. Il suo illustre predecessore, Patrick Le Lay, dichiarò, quasi 20 anni più tardi: “Quello che noi vendiamo a Coca-Cola è tempo disponibile del cervello umano”. Ricordo che qualche giorno dopo questa dichiarazione, la Società dei Compositori e degli Autori dichiarava: “Le parole del presidente di TF1 testimoniano del livello di degrado che può raggiungere la tv, sono segno di cinismo, disprezzo e arroganza.” […] Lei converrà con me che non è illegittimo pensare che il suo canale abbia una considerevole responsabilità nella degradazione del livello del dibattito democratico francese e della rappresentazione che i francesi hanno di loro stessi.
23 marzo 2010
Borderline
La metro chiude all'una
La metro riapre alle sei del mattino
Monoprix* apre alle 10
Monoprix chiude alle 20
I bambini escono alle 7
I bambini ritornano alle 17
La cena inizia alle 20
Alle 20.30 si sparecchia
Son borderline
Sei borderline
Lui è borderline
Noi siamo borderline
La signora del terzo piano esce alle 10
La signora del terzo piano ritorna alle 11
L'ASSEDIC** apre alle 9
L'ASSEDIC chiude alle 16
Cominci a lavorare alle 9
Finisci di lavorare alle 19
Ti addormenti alle 23
Ti svegli alle 7 del mattino
E' borderline
Lui è borderline
Noi siamo borderline
Il semaforo verde si accende a mezzanotte
Il semaforo rosso a mezzanotte e due
Il semaforo verde torna a mezzanotte e quattro
Quello rosso a mezzanotte e sei
La signora del terzo piano esce alle 21
La signora del terzo piano torna alle 21 e 30
L'ascensore scende alle 21 e 30
Risale alle 21 e 31
Son borderline
Sei borderline
Lui è borderline
Noi siamo borderline
Ok, d'accordo, benissimo, d'accordo, Ok, d'accordo, benissimo, Ok
Un telefono a mezzogiorno e sedici
Un grido alle 15 e 07
Una voce d'uomo alle 22
Un gatto all'una di notte
Una radio alle 2 e venti
Una Mercedes alle 5 di mattina
Va tutto bene!
Va tutto BENE!
VA TUTTO BENE!
Son borderline
Sei borderline
Lui è borderline
Noi siamo borderline
* La Standa francese.
**(Centro di collocamento, diventato ora ANPE, Agenzia per l'impiego).
2 marzo 2010
Immigrati di ieri e di oggi
Alla "giornata senza immigrati", davanti all'Hôtel de Ville, un gruppo di Ritals odierni ricordava quando gli immigrati eravamo noi: Cavanna, Platini, Pertini e Michel Colucci (o, come dicevan tutti, Coluche), i testimonial di questa manifestazione di solidarietà, dietro lo striscione "Siamo tutti immigrati".
25 febbraio 2010
La mia identità nazionale
[Ok: la smetterò di spammare il blog con traduzioni di articoli. Questo però l'ho trovato davvero bello e volevo condividerlo con i non francofoni]
Il soggetto, lanciato dalle più alte autorità del paese, è stato ripreso dalla stampa, in più o meno cattiva fede. Devo tuttavia confessare che questo dibattito mi è sfuggito completamente. Come alla maggior parte dei francesi, suppongo.
Ma oggi la questione mi ha colpito in pieno: «Quale Dipartimento vuole?» mi ha chiesto il meccanico. Ero lì, con il mio libretto nuovo, per far mettere le targhe sulla macchina che mi sono appena regalato: una 4x4 di otto anni fa, imbarazzante, inquinante e per dirla tutta, anacronistica.
«Eh?»
La macchina è immatricolata nel 27 [Eure], il meccanico sta nel 95 [Val d'Oise], io abito nel 78 [Yvelines] e sono nato nel 92 [Hauts-de-Seine].
«Non si può farne a meno?», gli domando ingenuamente.
«No, è obbligatorio, ma lei può scegliere il Dipartimento che preferisce». Allora mi offre un caffè e discutiamo un po', lui e io, per arrivare alla conclusione, pienamente condivisa, che siamo comunque fortunati a vivere in un'epoca in cui si può scegliere qualcosa di obbligatorio...
E mentre mi montava le targhe, io mi lasciavo andare ad una riflessione.
Sono nato in Francia, da un padre greco e da una madre «dell'Assistenza», come si diceva all'epoca. Non so dove si siano conosciuti, ma propendo per la banchina di un binario. Non stavano fermi un attimo. Passavamo il nostro tempo a traslocare, sembravamo dei fuggiaschi. Devo essere uno dei rari bambini ad aver frequentato una buona dozzina di scuole diverse tra la materna e la media. Non che la cosa abbia inciso sui miei studi, poiché avevo comunque deciso di non combinare nulla.
Mio padre è stato naturalizzato cittadino francese dopo la guerra, ma non per meriti militari. Quando avrebbe voluto arruolarsi per difendere il paese che lo aveva accolto, lo hanno sbattuto in un campo. Credo lo chiamassero un «centro di raduno per stranieri». Sembra che ci fossero persone di ogni nazionalità. Certo, non era mica Auschwitz, ma era duro, da quello che ci ha raccontato. Soprattutto il freddo. Lo hanno liberato quando ha iniziato a sputare sangue. Perché non infettasse gli altri, suppongo. La Francia, non riconoscente ma forse pentita, ha deciso di naturalizzare questi stranieri che aveva sbattuto nei campi.
Molto tempo dopo, quando mio padre non era già più di questo mondo, la sua storia mi è tornata in mente mentre chiedevo una nuova carta d'identità. Al comune mi hanno detto: «Ah, lei è nato da un padre straniero! Bisogna provare che lei ha optato per la nazionalità francese prima della sua maggiore età». O il contrario, non mi ricordo più.
Fu allora che ebbi un primo dubbio. Prima, la questione non mi aveva mai nemmeno sfiorato. Ero funzionario, poliziotto da parecchi anni. Da giovane mi avevano mandato a visitare il Maghreb e, cercando bene in fondo a qualche cassetto, avrei forse potuto trovare qualche ninnolo di queste avventure passate.
Ma io ero veramente Francese?
E oggi, davanti a questo meccanico dall'accento venuto d'altrove, la domanda mi si è ripresentata sotto un altro punto di vista: Francese sì, ma di quale regione? Nessun parente né in Bretagna né in Corsica. Nessuna casa di famiglia con la soffitta zeppa di ricordi pieni di ragnatele, nessun pezzo di terra al quale aggrapparmi.
Un po' disorientato, ho ripreso il volante della mia 4x4 di un'altra epoca, munita delle sue targhe belle nuove, con su stampato 973.
Da quando ho letto Papillon, ho sempre avuto voglia di visitare la Guyana.
(L'originale è qui. George Moréas, ex-commissario di polizia e scrittore, ha un blog invitato su Le Monde: Police et cetera).
30 novembre 2009
I casi mortali si moltiplicarono e divenne evidente che si trattava di una vera epidemia
(dal Blog Vive le Feu! di Sebastien Fontenelle: http://www.politis.fr/Les-Cas-Mortels-Se-Multiplierent,8789.html)
No, amico, non scappare: non ti parlerò (affatto) dell'H1N1, ma di un altro virus: eccolo qui, ingradito un milione di volte:

Giudica tu: il 17 giugno 2007, Lamine Dieng (25 anni) sale su un furgone della polizia.
Dopo un po', muore.
Altro caso: il 9 giugno 2009, Ali Ziri (69 anni) sale su un furgone della polizia.
Dopo un po', muore.
Altro caso: il 24 settembre 2009, Hakim Djelassi (31 anni) sale su un furgone della polizia.
Dopo un po', muore.
Altro caso: il 12 novembre 2009, Mohamed Boukrourou, 41 anni, sale su un furgone della polizia.
Dopo un po', muore.
Come avrai capito, questo virus, apparso all'indomani dell'elezione del nuovo capo dello Stato francese, contagia - fino ad ora - soltanto Neri e Arabi. (Un po' come se avesse ascoltato troppo qualche nostro pensatore mediatico). Ovviamente le autorità tendono a rassicurare, arrivando perfino a negare la sua pericolosità. Dopo ogni decesso, iniziano a spergiurare che la vittima era debole di cuore e cose del genere[1].
Ma nella vera vita, ci troviamo davanti ad un germe realmente patogeno: se ti chiami Mohamed, è ora di metterti a pregare che trovino rapidamente un vaccino, perché - statisticamente - hai molte più possibilità di venire infettato rispetto al tuo vicino alverniate DOC.
(Ma sii discreto, in ogni caso, quando preghi: ti ritrovi già un nome incredibilmente provocante, sarebbe spiacevole che ti denuncino anche come jihadista, ok?)
(Ma sii discreto, in ogni caso, quando preghi: ti ritrovi già un nome incredibilmente provocante, sarebbe spiacevole che ti denuncino anche come jihadista, ok?)
---
[1] Nel caso di Mohamed Boukrourou, l'ultimo in ordine di tempo, le autorità hanno invocato dapprima «la combinazione di un'alterazione cardiovascolare e di uno stress acuto»: solo dopo l'autopsia si è scoperta una «compressione della cassa toracica» e soltanto in occasione della toilette mortuaria, i suoi parenti hanno notato che «aveva la guancia destra spaccata e abrasa, gli occhi tumefatti, l'arcata sopraccigliare destra infossata, un orecchio rovinato».
25 novembre 2009
Questione di stile

Certo queste discussioni lasciano il tempo che trovano e sono anche un po' la manifestazione di quanto i francesi (come i piemontesi – mia faza mia raza) siano "falsi e cortesi".
Ma io non posso fare a meno di immaginare un'ipotetica, composta reazione ufficiale del nostro Ministro della Difesa – ove la cosa fosse capitata alla Squadra Azzurra, ai Nostri Ragazzi – davanti alla richiesta dell'Irlanda di rigiocare la partita (reazione che sarebbe stata certamente approvata dal 72% degli italiani): "Cari amici irlandesi, ce la potete sucare".
12 novembre 2009
Sarkozy c'era
Il Presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy ha raccontato sulla sua pagina di Facebook (con parole semplici ma commoventi) come il mattino del 9 novembre di 20 anni fa decise insieme a Alain Juppé di correre a Berlino per essere presente all'evento storico che si profilava. Arrivati nella capitale tedesca, incontrano per caso il giovane François Fillon, ed arrivano a partecipare alla festa, dando "qualche colpo di piccone" al muro che stava crollando. Segue foto che immortala il giovane Nicolas nell'atto simbolico di buttare giù il muro.
In realtà, Le Petit Nicolas a Berlino non arrivò il 9 sera, ma una settimana più tardi. Una bugia tanto stupida quanto inutile dimostra la tronfia vanagloria del personaggio, presto vendicata sulla Rete: sul sito Nicolasyetait.com potrete trovare altre immagini di altre storiche partecipazioni di Nicolas Sarkozy. Noi ne abbiamo scelto qualcuna un po' a caso:
Luglio 1830 (per il giorno preciso chiedere a Alain)
Le "Tre Gloriose" immortalate da Delacroix. Nicolas c'era: è lui che, distrattamente, suggerisce alla Libertà di raccogliere una bandiera e di sventolarla, insufflando così uno slancio patriottico agli scontenti. Con umiltà, partecipò per la prima volta alla creazione di un movimento popolare. In seguito, tutta la letteratura francese prese ispirazione da questo giovane uomo in secondo piano per raccontare le storie nelle quali gli uomini sanno comandare le loro mogli.Lunch on top of a skyscraper!
E' il 1932 e Nicolas Sarkozy, di passaggio a New York, decide di dare una mano agli operai che costruiscono il Rockefeller Center.
Dallas, 1968
Nicolas Sarkozy, in vacanza a Dallas, incrocia casualmente la limousine di John F. Kennedy. Grande amico di Jackie per via di sua moglie Carla, Nicolas preferisce correre sul lato sinistro della macchina.
11 novembre 2009
L'ex-Festa dell'Armistizio
Per volontà di Sarkozy, da oggi i francesi non celebreranno più la festa dell'armistizio, ma la festa dell'amicizia franco-tedesca. I dettagli in un articolo di Brave Patrie, rivista on-line che noi fortemente sosteniamo.
---
Nel quadro del grande dibattito sull'identità nazionale lanciato da Eric Besson, Nicolas Sarkozy aggiunge un interessante argomento che ha attirato l'attenzione della redazione di Brave Patrie: l'11 novembre, data che segna la sola (o quasi) vittoria militare della Francia moderna, non è un elemento di identità nazionale, ma la festa dell'amicizia franco-tedesca. Nicolas Sarkozy mette dunque fine allo spirito di revanscismo del 1871; Angela Merkel, da parte sua, ha ufficialmente abbandonato le rivendicazioni sull'Alsazia-Lorena.
11 novembre 1918. Mentre Nicolas Sarkozy - ancora di nazionalità tzigana - ha appena iniziato la sua eroica battaglia contro le orde comuniste che già prendono d'assalto l'Europa dell'Est, Foch e Erzberger si riuniscono a Rethondes per festeggiare l'amicizia franco-tedesca attorno ad uno sgnappino. Per ragioni che rimangono ancora sconosciute, nessun cancelliere tedesco era mai stato fino ad oggi invitato alle commemorazioni, tranne uno che si presentò spontaneamente il 22 giugno 1940 davanti al vagone delle feste, ma, sfortunatamente, nel giorno sbagliato. Che idiota! Ma ora il torto viene riparato: Angela Merkel e la Bundeswehr saranno sugli Champs-Elysées l'11 novembre 2009.
Le celebrazioni di quest'anno contempleranno qualche piccola novità. La tradizionale deposizione della corona d'alloro sarà sostituita da un cocktail-party sulla tomba del Milite Ignoto con degustazione di Choucroute, piatto tradizionale alsaziano che simboleggia l'avvicinamento delle nostre due culture, accompagnato da Enrico Macias che intonerà prima la Marsigliese e poi il Deutschlandlied. La serata si terminerà con la distruzione simbolica del Trattato di Versailles e con una rievocazione della battaglia di Verdun a Eurodisney, con Christian Clavier nel ruolo del Maresciallo.
L'Eliseo giustifica la presenza dei Tedeschi alle celebrazioni dell'11 novembre con la scomparsa di tutti i combattenti della Prima Guerra Mondiale - l'ultimo ha tirato le cuoia l'anno scorso. Da ciò si può dedurre che quando moriranno tutti i combattenti del '39-'45, l'8 maggio diventerà la Festa della Birra e della Salsiccia e l'ultima domenica di aprile, già Giornata della Deportazione, diventerà la Festa della Previdenza Sociale e del Finanziamento delle Pensioni. D'altronde, secondo alcune fonti vicini al Ministero dell'identità nazionale, l'anno prossimo potrebbe essere presa in considerazione una data ancor più significativa nella storia della cooperazione franco-tedesca, come per esempio il 24 ottobre, anniversario dell'incontro di Montoire, data ingiustamente ignorata dalla storiografia.
Ecco ciò che dovrebbe far tacere ogni detrattore del concetto di identità nazionale, il cui contenuto si dimostra più consistente di una semplice bandiera, di una pulzella bruciata dagli inglesi, di una canzone che non si deve fischiare, o dei bambini morti nella prigione del Tempio. Tutte le grandi date che rappresentano la celebrazione dei valori patriottici acquistano una nuova dimensione sotto il governo di Nicolas Sarkozy, che la Francia non ringrazierà mai abbastanza.
(l'originale qui)
11 novembre 1918. Mentre Nicolas Sarkozy - ancora di nazionalità tzigana - ha appena iniziato la sua eroica battaglia contro le orde comuniste che già prendono d'assalto l'Europa dell'Est, Foch e Erzberger si riuniscono a Rethondes per festeggiare l'amicizia franco-tedesca attorno ad uno sgnappino. Per ragioni che rimangono ancora sconosciute, nessun cancelliere tedesco era mai stato fino ad oggi invitato alle commemorazioni, tranne uno che si presentò spontaneamente il 22 giugno 1940 davanti al vagone delle feste, ma, sfortunatamente, nel giorno sbagliato. Che idiota! Ma ora il torto viene riparato: Angela Merkel e la Bundeswehr saranno sugli Champs-Elysées l'11 novembre 2009.
Le celebrazioni di quest'anno contempleranno qualche piccola novità. La tradizionale deposizione della corona d'alloro sarà sostituita da un cocktail-party sulla tomba del Milite Ignoto con degustazione di Choucroute, piatto tradizionale alsaziano che simboleggia l'avvicinamento delle nostre due culture, accompagnato da Enrico Macias che intonerà prima la Marsigliese e poi il Deutschlandlied. La serata si terminerà con la distruzione simbolica del Trattato di Versailles e con una rievocazione della battaglia di Verdun a Eurodisney, con Christian Clavier nel ruolo del Maresciallo.
L'Eliseo giustifica la presenza dei Tedeschi alle celebrazioni dell'11 novembre con la scomparsa di tutti i combattenti della Prima Guerra Mondiale - l'ultimo ha tirato le cuoia l'anno scorso. Da ciò si può dedurre che quando moriranno tutti i combattenti del '39-'45, l'8 maggio diventerà la Festa della Birra e della Salsiccia e l'ultima domenica di aprile, già Giornata della Deportazione, diventerà la Festa della Previdenza Sociale e del Finanziamento delle Pensioni. D'altronde, secondo alcune fonti vicini al Ministero dell'identità nazionale, l'anno prossimo potrebbe essere presa in considerazione una data ancor più significativa nella storia della cooperazione franco-tedesca, come per esempio il 24 ottobre, anniversario dell'incontro di Montoire, data ingiustamente ignorata dalla storiografia.
Ecco ciò che dovrebbe far tacere ogni detrattore del concetto di identità nazionale, il cui contenuto si dimostra più consistente di una semplice bandiera, di una pulzella bruciata dagli inglesi, di una canzone che non si deve fischiare, o dei bambini morti nella prigione del Tempio. Tutte le grandi date che rappresentano la celebrazione dei valori patriottici acquistano una nuova dimensione sotto il governo di Nicolas Sarkozy, che la Francia non ringrazierà mai abbastanza.
(l'originale qui)
10 giugno 2009
Hadopi RIP LOL

All'Alta Autorità per la Diffusione delle Opere e per la Protezione dei diritti su Internet (HADOPI) viene così interdetto qualsiasi potere sanzionatorio previsto dalla legge voluta fortemente da Sarkozy (in particolare la sospensione dell'accesso ad internet).
"E' una grande vittoria per i cittadini i quali hanno provato che potevano agire insieme per proteggere la loro libertà. La "Reazione graduale" è definitivamente affossata. Resta in piedi una gigantesca macchina che produce spam per le industrie del divertimento, pagata con i soldi dei contribuenti. Questo evento non segna però la fine della volontà di Nicolas Sarkozy di controllare internet. La prossima legge LOPPSI2 sarà presto presentata e potrebbe stabilire il filtraggio dei contenuti su internet. I cittadini devono celebrare questa grande vittoria ma rimanere vigilanti..." dichiara contento Jéremie Zimmermann, portavoce dell'associazione La Quadrature du Net.
(L'articolo originale è qui: http://www.laquadrature.net/fr/hadopi-le-conseil-constitutionnel-censure-la-riposte-graduee)
scritto da
arcomanno
alle
19:32
0
commenti
tags: albanel, foutage de gueule, hadopi, internet, nimportequoi, sarkoland
Iscriviti a:
Post (Atom)