9 ottobre 2012
Bisesto
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arco
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tags: bisesto, jean fabry, suoni
12 ottobre 2011
Jean Fabry à Paris
L'inetichettabile band di Russi (RA) – che per i più attenti dei nostri 25 lettori non ha più bisogno di presentazioni – si è esibita a Parigi per ben tre giorni di seguito.
Il venerdì, nel quadro intimista del Bistrot littéraire des Cascades, nel cuore del 20ème arrondissement, i nostri hanno deliziato lo stranito pubblico con un'esibizione che aveva il sapore di un concerto a sorpresa (un surprise gig, come si dice in gergo). Tra applausi sentiti e i fischi di un albionico ubriacone, i Jean Fabry in formazione acustica volante hanno egregiamente affrontato il loro debutto parigino con un un apéro-concert. Da Gilbert Bécaud ai pappi dei pioppi (nella foto è immortalato il momento botanique del concerto), chiudendo addirittura con Stringi le viti di tanto in tanto.
Domenica mattina, i Capra&Cavoli con Gianni Zauli e Laurence Barthomeuf (curatori del libro) hanno animato una simpatica sessione con i bambini veri. Tra le filastrocche tradizionali (Pimpirulìn, Uno due tre, un'incredibile versione mancuniana di Sotto il Ponte di Baracca) e originali (Ti dico una cosa, l'inedito Tritone, l'ormai tormentone Il Camaleonte che ha riscosso gran successo), i bimbi italo-francesi si sono divertiti un sacco: gli occhialini di pappi, i tubofoni di Marlo e la faccia di Antonio hanno fatto il resto.
Nonostante conti molto il fattore biografico (Antonio mi ha confessato: «facciamo filastrocche perché abbiamo una bambina di sei anni; quando ne avrà sedici ci metteremo forse a fare disco-music»), credo che il ritorno all'infanzia sia un buon antidoto alla perdita di senso causata dall'attuale eccesso di informazioni.
Così non è un caso che anche l'ultimo – geniale – disco di Philippe Katerine abbondi in filastrocche strampalate, lallazioni, ecolalie.

Sono stati tre giorni intensi. Piegando due leggii e avvolgendo il cavo della pedaliera Korg di Antonio, mi sono anche guadagnato il titolo di roadie dei Jean Fabry: roba che non tutti possono vantare nel proprio curriculum. Ma credo che rimarrò nella loro memoria più per la tarama, l'hummus, il caviar d'aubergine, i felafel e il pastrami di Marianne.
E il cerchio si è chiuso, come un zir de clomb, comme un tour de pigeon.
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arco
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15:34
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6 aprile 2010
En passant, Jean Fabry
Di questo disco dedicato a Enzo Jannacci (con disegni originali di Galileo Galilei), la mia canzone preferita è Dove si nasconde il camaleonte?, una leggiadra filastrocca degna di Gianni Rodari, su un ritmo World Music alla Peter Gabriel (senza contare i cori della bravissima Sofia che mi hanno ricordato questo pezzo). Prima di levarmela dalla testa (se ce la faccio), la proporrò ai miei allievi di italiano, insieme a Cento, cento.
Alla genuina modestia del loro frontman (voce/chitarra), rispondo qui che la speranza, nel loro caso, non è mai mal riposta e che, almeno da queste parti, i Jean Fabry strappano molto più che un sorriso benevolo.
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arco
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11:55
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15 ottobre 2008
Scaricate, gente, scaricate...
Finalmente, capolavori del calibro de La Grande Tavana, E zir d'e clomb o Mercatone sono alla portata di tutti quelli che non sanno dove mettere l'accento sulla Cosina o non hanno la minima idea di dove sia la Bianzarda di Corleto.
Tra le chicche, una versione live de Il canto della sirena registrata al Baraonda: e il cerchio si chiude.
Buon ascolto.
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arcomanno
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13:08
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9 aprile 2008
Poi non dite che non vi avevamo avvisati

Mercoledì 16 Aprile 2008, ore 21.30
Mataluna
via Rossetta 144, Rossetta (RA)
0545.58200 - www.myspace.com/mataluna
proporranno il raschiato:
Claudio Molinari e la sua chitarra elettrica
Vinsil McJagger
JeanFabry con ospiti a sorpresa
Interverranno:
Dr. Marinetti e Dr. Pirobutirro
Cosa c'è di meglio di una simpatica serata per festeggiare il fondo del barile?
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arcomanno
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16 dicembre 2007
Le Rotoballe le saline le discariche.
Capita che vai ad un concerto dove suona un gruppo semi-sconosciuto; una sera, magari, che non hai di meglio da fare e hai voglia di uscire un po' per vedere gente, fare cose, prendere una birra e una boccata d'aria fresca. Quasi sempre, il gruppo semi-sconosciuto rimane tale; tu ti bevi la tua birra, ti fai la tua chiacchierata, e se loro sono bravini riesci anche a fare due salti, poi torni a casa e il giorno dopo di loro non ti ricordi nemmeno il nome.
La sera di Venerdì 8 Luglio di due anni fa, a Forlì pioveva che Dio la mandava. Sfidando il tempo a dir poco inclemente, si decide di andare a vedere un concerto alla festa dell'Unità, nella Zona franca (l'area ggiovani - mentre nell'arena centrale c'era l'immarcescibile Sgabanaza Show).
Non appena salgono sul palco i Jean Fabry, ti basta guardarli in faccia per capire che, contrariamente al solito, questo gruppo semi-sconosciuto non te lo scorderai più. Il loro spettacolo non è nemmeno un vero e proprio concerto, ma pare piuttosto un happening rilassato, tra il cabaret-balera e il punk da cantina, una sorta di Frank Zappa al Sangiovese.
Oltre ai pezzi ormai mitici del loro primo (e unico) album, Antonio Baruzzi e compagni snocciolano delle vere e proprie perle ancora criminalmente inedite al grande pubblico: Mercatone (col ritornello ossessivo e megafonato: "sconti su sconti su sconti"), E zir d'e clomb (una mazurka claudicante e piuttosto brilla), La grande Tavana (una quadretto pittorico-esistenziale della bassa romagnola).
E come dimenticare la chiusura del concerto, il gran finale con Marlowe che lancia davvero i pappi dei pioppi sul pubblico? Beh, bisogna averlo visto coi propri occhi.
Immensi.
Finito il concerto, mi precipito sotto il palco a comprare il cd e scopro una grande band dallo spirito cazzone ma con una reale competenza musicale che gioca sull'accostamento di suoni familiari e strani, dalla fisarmonica di CdA, al Theremin di Ma mi sa di no, ai coretti-fantasma di Lamento di un venditore di libri (canzone che mi è particolarmente cara). Testi stralunati e geniali, sottili citazioni musicali (dai Pink Floyd a Jimmy Sommerville) e nessuna presunzione (ah, la vera umilté, come direbbe un loro celebre conterraneo). Qualcosa che mi ricorda lo spirito, se non la musica, dei primi Ottavo Padiglione, quando non erano ancora nessuno e girava una cassetta con su disegnato un accendino (ma qui mi fermo subito per evitare una partenogenesi immediata e incontrollabile di post a cascata...)
In attesa di vederli on stage a Parigi, a quei pochi fortunati che bazzicheranno il contado faentino Venerdì 21 dicembre 2007 (ma conoscendo i miei 12 lettori, non credo che sarete in molti), raccomando lo show dei Jean Fabry denominato sobriamente CELACANTO. Canzoni Ritenute Estinte che i nostri eroi performeranno al Luogocomune (una ex-scuola elementare in mezzo ai campi, tra la Via Emilia e Oriolo dei Fichi, una decina di chilometri verso nordest rispetto al luogo dove è stata scattata la foto del bipede al volante che orna questo post e che mi ricorda il mio glorioso passato di sradicatore di piante da frutto nella premiata ditta DelMonte&Figli: ma qui mi fermo davvero perché se no la cascata non si arresta più...)
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arcomanno
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tags: amarcord, concerti, jean fabry, memoria, suoni
come non detto
d'ailleurs j'ai horreur de tous les flons flons
de la valse musette et de l'accordéon.
T'as voulu voir Paris et on a vu Paris...
(Jacques Brel,Vesoul)
The Dr. Goebbels Show
Comme il pleut sur la ville
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Boîtes à musique
Blah Blah Blah
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