È proprio anche della violenza, il duplice carattere che la critica dell'economia politica ha messo in luce nella produzione materiale: «Esistono determinazioni comuni a tutte le fasi della produzione, determinazioni che vengono fissate dal pensiero come universali, ma le cosiddette condizioni universali di ogni produzione non sono che... momenti astratti, con cui non si comprende nessuna fase reale». In altre parole, l'astrazione dello storicamente immutato non è - in virtù di una presunta obiettività scientifica verso la cosa - neutrale, ma serve, anche dove coglie nel segno, da nebbia in cui sparisce tutto ciò che si potrebbe toccare e attaccare. [...] Non si può stabilire un'analogia tra Auschwitz e la distruzione degli Indiani d'America e interpretarla come un semplice aumento graduale dell'orrore, aumento di fronte al quale si potrebbe conservare la pace del proprio spirito. È vero, tuttavia, che dal martirio e dall'umiliazione senza precedenti dei prigionieri deportati nei carri bestiame cade una luce terribilmente cruda anche sul più remoto passato, nella cui violenza cieca e disordinata era già teleologicamente implicita la violenza scientificamente organizzata di oggi. [...] Chi si lascia sfuggire la conoscenza dell'aumento dell'orrore, non ricade soltanto nella gelida contemplazione, ma si vieta di cogliere, con la differenza specifica del nuovo rispetto al precedente, anche la vera identità del tutto, del terrore senza fine.
(Th. W. Adorno, Minima Moralia)
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