13 gennaio 2011

Sognare è urgente


La rivolta del popolo tunisino è arrivata ad un punto di non ritorno. Le manifestazioni sono quotidiane, in tutto il paese, come si può vedere in questo video a Kairouan, dove la piazza riesce a stento a contenere le persone. A Zaghouane, Mahdia, Monastir, il popolo è sceso in piazza a reclamare la fine della dittatura. Le manifestazioni hanno già raggiunto Djerba e i sobborghi di Tunisi. Il presidente Ben Ali, secondo alcune informazioni, avrebbe già "esfiltrato" le figlie e i rispettivi mariti a Montréal. Su Facebook e su Twitter, in questo momento sta girando la voce che lui stesso potrebbe lasciare il paese in serata.
Oscurata dai media tradizionali, la rivolta si riproduce, frammentata, nelle reti sociali (facebook, twitter, Youtube). La rivoluzione non passerà in TV, ma sarà filmata e messa su YouTube.
L'esercito, in qualche caso, si è schierato a fianco dei manifestanti, ma la polizia continua ad essere fedele al presidente e spara con proiettili veri sulla folla: i morti sono ormai più di cinquanta. Tra le vittime, un professore e ricercatore franco-tunisino, Hatem Bettahar, che insegnava all'Università di Compiègne. 

Di fronte ad una rivolta di tale dimensioni, il silenzio francese ed europeo è più che assordante. L'Europa -  governanti e intellettuali, politici e giornalisti/moralisti - si volta dall'altra parte, comprensibilmente imbarazzata del comportamento di uno dei suoi più brillanti cani da guardia contro «il pericolo islamista» e «l'invasione dei barbari» nel nostro ricco occidente. Pronta a difendere i diritti umani in Iran, in Venezuela e altrove (perfettamente in linea con la politica degli stati canaglia di George W. Bush che non sembra essere cambiata di un millimetro), la patria dell'illuminismo, la culla della civiltà dalle radici giudaico-cristiane, fa finta di non vedere che una cricca mafiosa regna da vent'anni sull'altra sponda del mediterraneo (qui un dossier sugli intrecci tra potere politico e potere economico), cricca il cui capo dà l'ordine di sparare impunemente sul proprio popolo.
«Al di là del saccheggio organizzato, della corruzione massiccia, dell’appropriazione mafiosa dei beni pubblici e della confisca di beni e proprietà private, il problema sono le scelte economiche orientate verso uno scatenato liberalismo capitalista, preoccupato quasi esclusivamente di soddisfare in modo servile la domanda europea (più dell’80% degli scambi commerciali della Tunisia sono con l’UE), fino a fare della Tunisia, sul piano turistico, una sorta di dépendance delle “case di riposo” europee, incomparabilmente più economiche e soleggiate.»
(Sidi-Bouzid – Tunisia: elogio di una rivolta già tradita o del diritto-dovere di resistere all'oppressione...e al tradimento, lungo ma interessantissimo testo di analisi e proposta politica e filosofica).
Il popolo tunisino, mentre continua a morire per strada, sta dando una lezione di civiltà, di democrazia, di dignità a tutti gli europei. Dagli interventi di studenti, giornalisti, membri della cosiddetta "società civile" pubblicati sul portale nawaat.org, emerge un'impressionante lucidità di analisi, una volontà insopprimibile di libertà, una capacità di organizzare la lotta e la protesta, una precisione sugli obiettivi da raggiungere.
«La Tunisia, la corruzione, le tangenti… abbiamo solo voglia di andarcene, a studiare in Francia, in Canada… Vogliamo abbandonare tutto. Siamo vigliacchi, e lo accettiamo. Lasciamo loro il paese. Andiamo in Francia, dimentichiamo un po’ la Tunisia. Torniamo per le vacanze. La Tunisia? Sono le spiaggie di Sousse e Hammamet, i locali notturni e i ristoranti. Questa è la tunisia, un gigante club med. E poi, Wikileaks rivela clamorosamente ciò che tutti mormoravano. E poi, un giovane si dà fuoco. E poi, 20 tunisini sono assassinati in un giorno. E per la prima volta, vediamo l’occasione di ribellarci, di vendicarci di questa famiglia reale che si è appropriata di tutto, di rovesciare l’ordine stabilito che ha accompagnato la nostra gioventù.Una gioventù educata, che non ne può più e che si appresta ad immolare tutti i simboli di questa antica Tunisia autocratica con una nuova rivoluzione, la rivoluzione del Gelsomino, quella vera.»
(Une jeunesse vécue sous l'ombre de Ben Ali)
Un popolo che è ancora capace di sognare, insomma, e di prendere in mano il proprio futuro:
«Siamo soli, isolati, in preda alla collera e all’inquietudine. Fronteggiamo un regime che si sta sbagliando di secolo e di paese.
Questa rivolta dei tunisini non può essere rivendicata da nessun partito politico, nessuna organizzazione, nessuna associazione. Nessuna figura dell’opposizione può rivendicarla o assumersene la paternità.
Questa rivolta viene dal popolo e al popolo appartiene. Questo popolo che alcuni immaginano arretrato sta dando una lezione alla sua classe politica e al mondo.
Le manipolazioni ideologiche non subentreranno ad una collera spontanea e popolare.
È compito dell’élite del nostro paese rispondere all’appello e immaginare l’avvenire. Noi dobbiamo costruire un nostro modello politico, economico, sociale e culturale. Noi dobbiamo mostrare al mondo che cos’è una democrazia araba.
È urgente sognare una Tunisia portatrice di speranza per tutti.
Due condizioni inderogabili per questo.
Bisogna riappropriarci del diritto alla parola, diritto al quale non avremmo mai dovuto rinunciare. Un diritto necessario perché scaturiscano le idee, fioriscano le intelligenze e si sposino tra loro per procreare il nostro futuro comune.
L’altra conditio sine qua non è la contrattualizzazione del rapporto tra i tunisini e le loro élites politiche: queste ultime devono essere al nostro servizio e non il contrario.

Perché i sacrifici non siano vani, è urgente sognare la Tunisia di domani.
Sogniamo.»

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