Mi avessero detto “andiamo a vedere un film su una bambina di 7 anni malata di cancro”, avrei risposto tranquillamente: vaffanculo, ci vai tu a vedere un film su una bambina di sette anni malata di cancro. Perché semplicemente non ho voglia, perché si sa già come va a finire, perché è un soggetto difficile, complicato, dal quale nove volte su dieci viene fuori un pastone disonesto e indigeribile.
Ma l’avviso fu più subdolo e meno spoileroso: “è molto bello, però portati i fazzoletti che si piange”. Dunque ci sono andato solo moderatamente prevenuto, anche perché il precedente film di Felix Van Groeningen, La merditude des choses (De helaasheid der dingen), mi era piaciuto e parecchio.
E alla fine ho fatto bene: in The Broken Circle Breadown il regista maneggia la storia con una delicatezza sorprendente, lontano da qualsiasi voyeurismo e da facili didascalismi (grazie anche al montaggio in flashback che smorza da subito lo scontato climax verso la catastrofe).
Ne è venuto fuori un film forte, doloroso ma a tratti anche divertente, dove l’ironia grottesca e assurda, molto “belga”, della merditude des choses riaffiorava di tanto in tanto.
Una coppia di attori fantastici (parentesi: gli attori belgi sono bravissimi, gli attori danesi sono bravissimi, gli attori iraniani sono bravissimi, gli attori italiani sono ormai dei cani e delle cagne senza remissione possibile. Ho visto al cinema il trailer di Miele proprio prima di questo film: il paradigma è ormai Nico di Un posto al sole) e una colonna sonora molto bella (astenersi non amanti del bluegrass), riscattano ampiamente qualche lungaggine e pesantezza, specialmente verso il finale.
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