All'inizio ti chiedi, dubbioso: ma ha davvero intenzione di riempire un'ora e mezza con questi buffi pupazzetti? Dopo qualche minuto, tuttavia, il film si mette in moto e da lì in poi è tutto in discesa. Trovate intelligenti, colpi di scena, corse contro il tempo: avendo tutti gli ingredienti per fare un buon film, la maestria di Anderson riesce a sprigionare la bellezza di un cinema artigianale, ancora in grado di creare meraviglia e stupore: in poche parole, una vera goduria, divertentissimo e a tratti commovente, come in una delle scene più belli del film, quando Mr. Fox incontra il lupo, la peggiore delle sue fobie.
Attraverso le avventure di questa comunità di animali, Anderson tratteggia un apologo ironico e gentile - che non manca tuttavia di forza - sulla natura e sulla società.
Stupore e meraviglia che mancano totalmente, invece, in Shutter Island. Due ore e venti di elucubrazioni psicologiche che girano attorno a se stesse per sfociare ancora - nel 2010, wow! - sul più che abusato meccanismo della linea sottile tra realtà e finzione, tra pazzia e sanità mentale. Ma stiamo scherzando? 140 minuti? Scorsese magniloqueggia sempre di più, deborda, strafa, urla attraverso una colonna sonora tanto ricercata (Ligeti, Cage, Penderecki) quanto didascalica e pedestre, cercando sempre l'effettaccio, come se Hitchock non fosse mai esistito, come se Truffaut non glie l'avesse mai chiesto - a scanso di equivoci - che cos'è la suspense, e come se lui non avesse mai risposto.
Per 140 minuti, Scorsese ti fa: "Bu!", ma il thriller è talmente telefonato e prevedibile che non c'è proprio verso di spaventarsi, né di appassionarsi a un enigma la cui soluzione è perfettamente chiara dopo 20 minuti. Il film scorre piatto, lento e banale, senza un guizzo, senza un'emozione. Certo, il marcio di questo polpettone è nel manico, e Scorsese rimane comunque un maestro: qualche movimento di macchina magistrale non manca, qualche inquadratura notevole, qua e là, c'è. Ma è tutto, e decisamente non basta. Di Caprio, con l'espressione rimasta sintonizzata sul "matto" Howard Hughes, ci prova ogni tanto, ma non c'è niente da fare. A mezz'ora dalla fine, il "giallo" viene svelato (ohhhh!). E tu dici: e mo'? Ci sarà sicuro un colpo di scena! Ma Scorsese abusa ancora della tua pazienza e si permette pure una mezz'ora di inutile spiegazione in flashback - roba che Ellery Queen che raccontava a tutti com'erano andate le cose nel salotto buono, al confronto, è cinema sperimentale - chiudendo così degnamente il peggiore dei suoi film.
Attraverso le avventure di questa comunità di animali, Anderson tratteggia un apologo ironico e gentile - che non manca tuttavia di forza - sulla natura e sulla società.
Stupore e meraviglia che mancano totalmente, invece, in Shutter Island. Due ore e venti di elucubrazioni psicologiche che girano attorno a se stesse per sfociare ancora - nel 2010, wow! - sul più che abusato meccanismo della linea sottile tra realtà e finzione, tra pazzia e sanità mentale. Ma stiamo scherzando? 140 minuti? Scorsese magniloqueggia sempre di più, deborda, strafa, urla attraverso una colonna sonora tanto ricercata (Ligeti, Cage, Penderecki) quanto didascalica e pedestre, cercando sempre l'effettaccio, come se Hitchock non fosse mai esistito, come se Truffaut non glie l'avesse mai chiesto - a scanso di equivoci - che cos'è la suspense, e come se lui non avesse mai risposto.
Per 140 minuti, Scorsese ti fa: "Bu!", ma il thriller è talmente telefonato e prevedibile che non c'è proprio verso di spaventarsi, né di appassionarsi a un enigma la cui soluzione è perfettamente chiara dopo 20 minuti. Il film scorre piatto, lento e banale, senza un guizzo, senza un'emozione. Certo, il marcio di questo polpettone è nel manico, e Scorsese rimane comunque un maestro: qualche movimento di macchina magistrale non manca, qualche inquadratura notevole, qua e là, c'è. Ma è tutto, e decisamente non basta. Di Caprio, con l'espressione rimasta sintonizzata sul "matto" Howard Hughes, ci prova ogni tanto, ma non c'è niente da fare. A mezz'ora dalla fine, il "giallo" viene svelato (ohhhh!). E tu dici: e mo'? Ci sarà sicuro un colpo di scena! Ma Scorsese abusa ancora della tua pazienza e si permette pure una mezz'ora di inutile spiegazione in flashback - roba che Ellery Queen che raccontava a tutti com'erano andate le cose nel salotto buono, al confronto, è cinema sperimentale - chiudendo così degnamente il peggiore dei suoi film.
6 commenti:
pecunia non olet.
e grazie per la segnalazione.
ciao
Prego. Ma no, non c'entrano i soldi. A tutti capita di rincoglionirsi, pecunia o non pecunia.
Grazie per queste due recensioni!
Mi hai fatto venire voglia di guardare "Mr Fox"!
Su "Shutter Island" avevo già i miei grossissimi dubbi, ora i miei dubbi sono realtà!
Ammetto di essere anche un po' condizionata dal fatto che Di Caprio è un attore che non ho mai apprezzato, ma dall'altra parte della bilancia c'è Scorsese che invece apprezzo tantissimo.
Certo, forse varrebbe la pena guardarlo solo come si guarda ad una lezione di regia, senza badare a tutto il resto?
Vedremo se avrò la forza di guardarlo :-D
Ma cosa ho scritto? Sembra la sagra del punto esclamativo...
(ok deve essere la stanchezza ^^)
Secondo me Di Caprio non è nemmeno malissimo. Il problema di questo film sta essenzialmente nel soggetto insulso e nella sceneggiatura piatta. Poi, anche il peggior Scorsese è pur sempre uno Scorsese: vale comunque la pena, alla fine. Se aspetti la fine del mese, te lo vedi al "Printemps du cinéma" a 3 euri e 50 (Ok, il prezzo è giusto).
Secondo me DiCaprio e la Williams salvano abbastanza il film, alla fine - che con altri attori si rischiava la ca... pazzesca. Detto questo, per fortuna io non ho capitola gabola fino alla fine, quindi me lo sono goduta di più. Bisongerebbe arrivare un po' storidit a vedere sto film!
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