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5 febbraio 2013

Vent'anni è uno stato mentale? No, è uno Stato Sociale

Dopo il trionfale tour italiano, gli/lo/i/le Stato Sociale sono arrivati a Parigi, prima tappa di una tournée all'estero fintissima, perché il Marcovaldo era stipato di erasmus ed expat fino all'inverosimile. E io mi sono ritrovato lì davanti, a un centimetro da Lodo e compagnia, ad ascoltare il loro concerto not-much-plugged con chitarra acustica, tamburello e macchinette elettroniche che andavano a singhiozzo.

Le ho cantate tutte, ma proprio tutte, anche Seggiovia sull'oceano che non mi piace poi tanto, ma lì era come quando c'è un tuo amico con la chitarra e tu conosci i pezzi e cominci a cantare dietro e non ti fermi più. Ho fatto Na na na Na na na Na na na na. Uò oh oh oh tararà. Uò oh oh. Uò oh oh oh oh. Uò oh oh oh oh. Uò oh oh oh oh oho oho oho oho. Pà pà pà pà pà pà pà pararà pà pà pà pà pà pà per un'ora, pressato e sudato che nemmeno a un concerto dei Bad Religion, schivando i fendenti del tifoso sampdoriano venuto da Genova apposta per vederli e che spoilerava tutte le canzoni anticipando sempre il cantante di un secondo, facendomi insultare dalla ventenne lucchese che stava dietro di me perché facevo le foto e le nascondevo il suo idolo (poi l'ho fatta passare davanti e le ho consigliato pure di stare bene attenta al sampdoriano ché secondo me un po' anche lui era innamorato di Lodo).

E alla fine, ho consolato Franz che si sconsolava osservando l'età media degli avventori del locale: - Non sei vecchia. Sei diversamente giovane.

Erano anni che non mi divertivo così a un concerto.



12 ottobre 2011

Jean Fabry à Paris

Prima o poi sarebbe dovuto accadere. Lo spirito di Giovanni Fabbri, in arte Jean Fabry, si è posato infine sulla Ville Lumière. Quale meta più giusta per l'anima del misterioso chansonnier che divenne anni or sono la musa dei Jean Fabry?
L'inetichettabile band di Russi (RA) – che per i più attenti dei nostri 25 lettori non ha più bisogno di presentazioni – si è esibita a Parigi per ben tre giorni di seguito.
Il venerdì, nel quadro intimista del Bistrot littéraire des Cascades, nel cuore del 20ème arrondissement, i nostri hanno deliziato lo stranito pubblico con un'esibizione che aveva il sapore di un concerto a sorpresa (un surprise gig, come si dice in gergo). Tra applausi sentiti e i fischi di un albionico ubriacone, i Jean Fabry in formazione acustica volante hanno egregiamente affrontato il loro debutto parigino con un un apéro-concert. Da Gilbert Bécaud ai pappi dei pioppi (nella foto è immortalato il momento botanique del concerto), chiudendo addirittura con Stringi le viti di tanto in tanto.
Sabato sera, alla Festa del libro e delle culture italiane (Espace des Blanc Manteaux, in pieno Marais), è stata la volta della presentazione del CD dei Capra&Cavoli Ambarabàcidicocò, pregevole manufatto artistico-musicale che ha ricevuto l'ambito premio Soligatto. Dai Capra&Cavoli sono poi nati i Jean Fabry, ma questa trasformazione da Jekyll a Hyde non è che si sia notata molto, a riprova del fatto che la vena  stralunata/demenziale degli uni non è poi così distante dalle filastrocche degli altri. L'annunciata metamorfosi ha però tratto in inganno qualcuno: un gruppo di amici è arrivato verso la fine dicendo: ma come? Noi siamo venuti ora per i Jean Fabry! No, guarda, veramente sono lo stesso gruppo e hanno quasi finito...
In ogni caso siamo riusciti a trascinarli in bis e tris vari tra il francese (Le poète, Jean Fabry), l'italiano (Rotoballe, Cento, Punk Mentale) e il romagnolo (E zir de clomb).

Domenica mattina, i Capra&Cavoli con Gianni Zauli e Laurence Barthomeuf (curatori del libro) hanno animato una simpatica sessione con i bambini veri. Tra le filastrocche tradizionali (Pimpirulìn, Uno due tre, un'incredibile versione mancuniana di Sotto il Ponte di Baracca) e originali (Ti dico una cosa, l'inedito Tritone, l'ormai tormentone Il Camaleonte che ha riscosso gran successo), i bimbi italo-francesi si sono divertiti un sacco: gli occhialini di pappi, i tubofoni di Marlo e la faccia di Antonio hanno fatto il resto.
Nonostante conti molto il fattore biografico (Antonio mi ha confessato: «facciamo filastrocche perché abbiamo una bambina di sei anni; quando ne avrà sedici ci metteremo forse a fare disco-music»), credo che il ritorno all'infanzia sia un buon antidoto alla perdita di senso causata dall'attuale eccesso di informazioni.
Così non è un caso che anche l'ultimo – geniale – disco di Philippe Katerine abbondi in filastrocche strampalate, lallazioni, ecolalie.

Sono stati tre giorni intensi. Piegando due leggii e avvolgendo il cavo della pedaliera Korg di Antonio, mi sono anche guadagnato il titolo di roadie dei Jean Fabry: roba che non tutti possono vantare nel proprio curriculum. Ma credo che rimarrò nella loro memoria più per la tarama, l'hummus, il caviar d'aubergine, i felafel e il pastrami di Marianne.
E il cerchio si è chiuso, come un zir de clomb, comme un tour de pigeon.

2 dicembre 2010

Piet Mondrian / De Stijl al Centre Pompidou

Uno dei vantaggi di vivere a Parigi (piuttosto che – poniamo – a Casalpusterlengo), sta nel poter partecipare alle inaugurazioni di un numero notevole di mostre. Nonostante il freddo, il traffico, le cacche di cane sui marciapiedi, il sovraffollamento dei mezzi pubblici e la scortesia di chi li usa (i passeggini che occupano tutto lo spazio sugli autobus, la gente che entra e esce da tutte le porte senza rispettare l’ordine – cribbio ma è tanto difficile rispettare un po’ di ordine e disciplina dico io), il tasso inverosimile di turisti italiani presenti ogni giorno dell’anno, le pizze a 12 euro e il peggior caffè dell’orbe terracqueo, a Parigi basta una tessera annuale del Centro Pompidou per essere invitati ai vernissages. Ieri sera dalle 20 in poi, per esempio, si inaugurava  la mostra Mondrian / De Stijl. Forte della mia esperienza pregressa in serate mondane, stavolta evito di ingurgitare cibo di qualsiasi sorta, pregustando il lauto cocktail che verrà offerto agli esclusivi invitati della mostra. Arrivati dentro il museo, inizia ad assalirmi un dubbio atroce: vuoi vedere che non c’è nessun banchetto? La mostra è affollata di gente, tutta esclusiva come il sottoscritto: nessuna presentazione, nessuna celebrità, ma soprattutto nessun cocktail: né un bicchiere di champagne, né un’oliva, né un brezel, neanche un pastis. Niente di niente. E io non avevo più nemmeno le mie quattro caciottine di pecora. In preda allo sconforto, inizio a chiedermi che caspita di senso ha andare ad un’anteprima di una mostra: per il gusto di dire gnégnégné l’ho vista prima io? Per l’ebbrezza di poter stare fino alle 23.00 nel Pompidou (mentre gli altri comuni mortali vengono buttati fuori alle 21)? Che brividi! Ma dov’è quell’aria di decadenza che dovrebbe ammorbare i luoghi dell’arte contemporanea? Dove i bagordi sfrenati alla faccia della fame nel mondo? Perché d’improvviso questa austerità? Coté pipòl, poi, era veramente la catà: un tizio mezzo matto che faceva ritratti estemporanei dei visitatori, carampane assortite, una coppia di giovani ragazze italiane (dialogo carpito al volo da Franz: « - Ma Gianluca chi? - Quello che c’era l’altra sera alla festa. - Quello biondo? - Sì, quello che ha comprato quel loft a S. Germain.»). Controllando a stento i morsi della fame e la trasformazione in lupo mannaro, approfitto a questo punto un po’ della mostra.
Mondrian inizia a dipingere come Klimt. Poi dice no, questo lo fa già Klimt, e allora prova a dipingere come Munch. Ma il ragazzo non è soddisfatto e si vede che cerca ancora la sua strada. Per un po’ si mette dunque a dipingere come Klee (e devo dire che questo Mondrian / Klee non mi è dispiaciuto per niente). Ma il pittore olandese vuole essere originale. E si chiede: cos’è che non è stato ancora fatto? Cos’è che è originale? Nascono così i quadratini colorati che, al pari dei sgari di Fragolari, renderanno Mondrian un grande protagonista del novecento. Tutto molto bello, solo che: sorpresa! I quadratini colorati li avevano già fatti i suoi colleghi Theo Van Doesburg e Vilmos Huszár, dieci anni prima. Erano delle vetrate, certo (tra l’altro molto belle: io e Franz abbiamo deciso che ne compreremo qualcuna che andrà a sostituire l’oblò del bagno), ma proprio uguali uguali ai dipinti che dopo farà Mondrian. Alla fine della mostra il sospetto serpeggia: il vero genio era Van Doesburg, ma oggi tutti si ricordano di Mondrian. Così è la vita.

Opera rivelazione della mostra: I lavoratori del porto (1916) di Bart Van der Leck.


Riferimento culturale di un certo livello: la puntata 3 della serie 1 di “Hustle – i signori della truffa”, dove un finto quadro di Mondrian viene rifilato ad una gallerista mentre Jaime Murray (la sbarellatissima Lila di Dexter S02) infinocchia una guardia ed esce dal museo con il vero quadro appiccicato sulla maglietta.

Riferimento del tutto pretestuoso con il quale si chiude questo post: clip di Apocalippo dei Piet Mondrian. «Misantropiaaaa… portaci viaaaaa….»

8 marzo 2010

Soirée branchée

[tr.: serata alla moda.]
Francesca ha vinto su internet un invito per l'inaugurazione dell'ennesima boutique di jeans in Rue des Rosiers (ogni tanto lo spam si rivela utile). Organizza l'evento la rivista Les inrockuptibles, con due concerti + dj set. Che si fa? Non ci si va? Venerdì sera partiamo dunque verso il Marais. Ovviamente si mangia prima: il concerto è alle 8, che vuoi fare? Rimanere morto di fame fino alle 10? Giammai. Quando arriviamo lì, mi rendo subito conto di quanto non siamo adusi a cotali happening: l'inaugurazione prevedeva infatti ricco e ottimo buffet. Da vero cialtrone (e anche un po' pezzente), ho immediatamente rimpianto il triste toast al prosciutto ingurgitato in piedi prima di uscire. Ma à la guerre comme à la guerre: facendo finta di essere affamato (sai che sforzo!), mi lancio sulle tartine made in Lustyk, uno dei migliori traiteur yiddish di Parigi. Canapé di aringhe, vol-au-vent al salmone e – il pezzo forte – mini-bagels al pastrami, cipolla, cetriolini in agrodolce e crema all'aneto: una vera delizia, come la torta di mele alla cannella servita alla fine. Sul fronte bevande, invece, uno champagne un po' troppo brut per i miei gusti e un californiano truciolato in caraffa. Ma tant'è: à cheval donné on ne regarde pas la bride. Il locale è strapieno e fornito di un buon numero di fighetti (pare che oggi si chiamino hipsters, mi suggeriscono dalla regia). Tra un tramezzino e l'altro, fioccano i commenti sull'abbigliamento, soprattutto sulle scarpe, e sulla moda nefasta che lascia sporgere solo il ditone del piede, magari con l'unghia lunga (– orrore – esclama Franz) e/o – peggio ancora – le calze. Ma io condivido solo superficialmente la sua ossessione, poichè mi è mancata l'infelice adolescenza tedesca fatta di continue e reiterate sottomissioni alla tortura delle birkenstock coi calzini (buon soggetto per un post, d'altronde, se un giorno si deciderà a scriverlo).
Nel terzo tempo, iniziano i concerti. Il primo gruppo è formato da quattro adolescenti [!] francesi, gli Elephanz, che suonano un poprockettino un po' Muse, un po' non so. Niente di che. Bravi invece i londinesi Chew Lips, trio electro-rock che si produce in uno spettacolo molto piacevole. Bella la voce della cantante, oscillante tra Bowie e Róisín Murphy dei Moloko. Alle 22 e 30 finisce tutto. Una dj spuntata dal nulla, che somiglia tanto ad un fumetto, inizia a mettere i dischi. Parte Common People dei Pulp.
– Uh, madonna: ma quanti anni son passati?
– Tantissimi. Ero ancora giovane, e andavo a ballare alle feste...
– [...]
– Si è fatta una certa. Che si fa? Si va?
– Andiamo, va'.

27 febbraio 2010

Lavoriamo qui! Viviamo qui! Restiamo qui!

Il collettivo dei cineasti per i sans-papiers ha realizzato un film per sostenere lo sciopero dei lavoratori clandestini e la richiesta di regolarizzazione.
Da Audiard a Zonca, passando per Cantet, Chéreau, Costa Gavras, Desplechin, Guédiguian, Jaoui, Kechiche, Klapisch, Tavernier, più di 350 nomi del cinema francese si sono schierati con la lotta dei lavoratori sans-papiers. In vista della giornata senza immigrati di lunedì prossimo, buona visione.



11 novembre 2009

L'ex-Festa dell'Armistizio

Per volontà di Sarkozy, da oggi i francesi non celebreranno più la festa dell'armistizio, ma la festa dell'amicizia franco-tedesca. I dettagli in un articolo di Brave Patrie, rivista on-line che noi fortemente sosteniamo.
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Nel quadro del grande dibattito sull'identità nazionale lanciato da Eric Besson, Nicolas Sarkozy aggiunge un interessante argomento che ha attirato l'attenzione della redazione di Brave Patrie: l'11 novembre, data che segna la sola (o quasi) vittoria militare della Francia moderna, non è un elemento di identità nazionale, ma la festa dell'amicizia franco-tedesca. Nicolas Sarkozy mette dunque fine allo spirito di revanscismo del 1871; Angela Merkel, da parte sua, ha ufficialmente abbandonato le rivendicazioni sull'Alsazia-Lorena.

11 novembre 1918. Mentre Nicolas Sarkozy - ancora di nazionalità tzigana - ha appena iniziato la sua eroica battaglia contro le orde comuniste che già prendono d'assalto l'Europa dell'Est, Foch e Erzberger si riuniscono a Rethondes per festeggiare l'amicizia franco-tedesca attorno ad uno sgnappino. Per ragioni che rimangono ancora sconosciute, nessun cancelliere tedesco era mai stato fino ad oggi invitato alle commemorazioni, tranne uno che si presentò spontaneamente il 22 giugno 1940 davanti al vagone delle feste, ma, sfortunatamente, nel giorno sbagliato. Che idiota! Ma ora il torto viene riparato: Angela Merkel e la Bundeswehr saranno sugli Champs-Elysées l'11 novembre 2009.

Le celebrazioni di quest'anno contempleranno qualche piccola novità. La tradizionale deposizione della corona d'alloro sarà sostituita da un cocktail-party sulla tomba del Milite Ignoto con degustazione di Choucroute, piatto tradizionale alsaziano che simboleggia l'avvicinamento delle nostre due culture, accompagnato da Enrico Macias che intonerà prima la Marsigliese e poi il Deutschlandlied. La serata si terminerà con la distruzione simbolica del Trattato di Versailles e con una rievocazione della battaglia di Verdun a Eurodisney, con Christian Clavier nel ruolo del Maresciallo.

L'Eliseo giustifica la presenza dei Tedeschi alle celebrazioni dell'11 novembre con la scomparsa di tutti i combattenti della Prima Guerra Mondiale - l'ultimo ha tirato le cuoia l'anno scorso. Da ciò si può dedurre che quando moriranno tutti i combattenti del '39-'45, l'8 maggio diventerà la Festa della Birra e della Salsiccia e l'ultima domenica di aprile, già Giornata della Deportazione, diventerà la Festa della Previdenza Sociale e del Finanziamento delle Pensioni. D'altronde, secondo alcune fonti vicini al Ministero dell'identità nazionale, l'anno prossimo potrebbe essere presa in considerazione una data ancor più significativa nella storia della cooperazione franco-tedesca, come per esempio il 24 ottobre, anniversario dell'incontro di Montoire, data ingiustamente ignorata dalla storiografia.

Ecco ciò che dovrebbe far tacere ogni detrattore del concetto di identità nazionale, il cui contenuto si dimostra più consistente di una semplice bandiera, di una pulzella bruciata dagli inglesi, di una canzone che non si deve fischiare, o dei bambini morti nella prigione del Tempio. Tutte le grandi date che rappresentano la celebrazione dei valori patriottici acquistano una nuova dimensione sotto il governo di Nicolas Sarkozy, che la Francia non ringrazierà mai abbastanza.


(l'originale qui)

9 aprile 2008

Poi non dite che non vi avevamo avvisati

JeanFabry presenta

raschiatori di barili.jpg

Mercoledì 16 Aprile 2008, ore 21.30

Mataluna
via Rossetta 144, Rossetta (RA)
0545.58200 - www.myspace.com/mataluna

proporranno il raschiato:
Claudio Molinari e la sua chitarra elettrica
Vinsil McJagger
JeanFabry con ospiti a sorpresa

Interverranno:
Dr. Marinetti e Dr. Pirobutirro

www.jeanfabry.net



Cosa c'è di meglio di una simpatica serata per festeggiare il fondo del barile?