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5 maggio 2011

Ciao Davide

Hai voluto vedere Parigi prima di andartene. Abbiamo curiosato per ore nella libreria dell'Institut du Monde Arabe, siamo andati in pellegrinaggio da Shakespeare&Co. Al Baron Rouge, davanti alle ostriche bretoni ci hai parlato di quelle australiane, pare altrettanto buone, e dei ristoranti di pesce di Sydney. Su una panchina della Square Saint Jacques, sotto la torre, in un ottobre stranamente caldo, ci raccontavi la tua vita laggiù, di belloeonestoemigratoeccetera.
A Saint-Paul ti abbiamo lasciato davanti alla fermata del métro, che andavi a prendere l'aereo per tornare in Italia. Ci hai detto: «mi piacerebbe tornare a Parigi, prima di rientrare in Australia». 
E invece.
Ci piace ricordarti così, con una delle tante cose belle che hai fatto.



25 aprile 2008

Un carrarmato rock

Dell'impero delle tenebre è il miglior disco di rock italiano dai tempi (almeno) di Hai paura del buio. Calato pienamente nel post-rock contemporaneo, il disco vibra di belle assonanze con il meglio della musica italiana degli ultimi anni, e questa è forse la novità di rilievo, il colpo di genio: dimostrare che è possibile far convivere De André e i Jesus Lizard, Tenco e i June of 44, Carmelo Bene e i QOTSA, Fiumani e i Tortoise, che la via per un rock italiano e in italiano è ancora aperta. Questo è il pezzo da novanta che Il teatro degli Orrori mette sul piatto, vincendo tutta la posta.

Nel disco non c'è un pezzo mediocre: il suono è di una compattezza incredibile, la scaletta è senza tregua. La sezione ritmica, artefice di continui stop&go massacranti, mi ricorda il glorioso tandem De Palma/Maroccolo dei migliori Litfiba, con un basso che spara bordate distorte e compresse e una batteria che ti rulla continuamente di cartoni: roccherrollo fino al midollo.
La chitarra ricama arpeggi taglienti prima di esplodere in una valanga distorta, grassa, pesante. La voce, con piacevole e musicale inflessione veneta (così diversa - alleluia! - dalla onnipresente e fastidiosa gnegna milanese o pseudo-tale) recita i versi con stile teatrale, ma senza mai perdere il senso dell'(auto-)ironia.
E poi i testi: densi, poetici, musicali.

Lontani dall'autocontemplazione patetica del proprio psicombelico, il loro pessimismo "da combattimento" viene fuori da una condizione assolutamente storica, che più storica non si può e versi del genere, oggi, rimbombano come una campana in una chiesa vuota:

Abbiamo perso la memoria del Ventesimo Secolo...
... Comunque sia, abbiamo perso.

Tra i pezzi più belli, Compagna Teresa, uno struggente omaggio ad una staffetta partigiana (senza neanche l'ombra di una fisarmonica: incredibile, vero?) che sembra suonato da un supergruppo Fugazi/Nirvana/At The Drive-in, un'ottima colonna sonora per festeggiare il 25 aprile ricordando.

Noi cambieremo il mondo
lo faremo come
volevi tu

Da ascoltare senza moderazione, a volume altissimo.

25 aprile 2007

Sulle montagne

Forse il più bel 25 aprile di cui ho memoria è stato nel 2004. Eravamo lassù, a Ca' di Malanca, sulla strada che congiunge Faenza a Firenze, Brisighella a Marradi, sopra S. Martino in Gattara. Il cascinale non è molto grande; è posto in cima ad una balza e ci si arriva a piedi, attraversando un crinale stretto. Dentro il cascinale si trova un museo e un centro residenziale sulla Lotta di Liberazione in Emilia-Romagna.
Ricordo una luce particolare, una sensazione strana. Assieme agli ormai pochi partigiani superstiti, c'era molta gente, molti giovani. Era la prima volta che stavo fisicamente su quelle montagne dove molti combatterono duramente, dove si scelse di prendere il fucile piuttosto che sottostare alla barbarie criminale dei fascisti e dei nazisti.
Nel pomeriggio suonarono i Gang, in acustico insieme a "La Macina": fu un concerto bellissimo, pieno di storie, di canzoni, di emozioni (e oggi suonano, tra gli altri, Il Parto delle Nuvole Pesanti)

Non lontano da lì, altri partigiani segnavano altre storie; tra le più belle c'è sicuramente quella di Silvio Corbari. A Faenza, Silvio Corbari è più che un eroe, è un mito fondatore della città. Io non lo conoscevo e lo incontrai così: nei miei primi giorni di lavoro alla gloriosa libreria Moby Dick, mi trovavo nel furgone del capo e viaggiavamo verso Ascoli Piceno per una missione di aggiornamento informatico. Mentre mi guardavo intorno, notai una spillina che Renzo Bertaccini teneva sul parasole, con una stella e una scritta: "Brigata Corbari". Dissi a Renzo: cos'è? E' di quando hai fatto il militare? E lui, con gli occhi un po' straniti: Ma no! Corbari era un partigiano, e la sua brigata...
Corbari finì impiccato, coi suoi compagni, a Castrocaro. Il suo corpo, assieme a quello di Iris Versari, Adriano Casadei e Arturo Spazzoli venne esposto ai lampioni di piazza Saffi a Forlì. Qui si può leggere la loro storia raccontata da Pino Cacucci, tratta dal suo libro Ribelli!
Originally uploaded by davide@korova

Ho un immenso rispetto per chi scava e lavora perché la memoria non si perda.
Tra questi, il primo che ha fatto le valigie, prima di fare le valigie ha realizzato questo video che potete trovare nei suoi Percorsi partigiani.

Alla memoria, e buon 25 aprile