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26 febbraio 2013
27 novembre 2012
17 maggio 2011
Dell'andouillette
Divagazione gastronomica con epilogo politico-morale
Una delle prime specialità della gastronomia d'oltralpe che mi capitò di assaggiare fu l'andouillette, sorta di salsiccia di trippa che viene servita cotta alla brace oppure cruda e affettata. Forte della mia educazione culinaria a base di morzeddhu (che dalle mie parti prende il nome di spezzatino), frittole, jelatina e frattaglie varie, nonché grande estimatore della soppressata toscana (detta musotto in Romagna), dei ciccioli forlivesi (quelli della Salsamenteria Tomba sono già patrimonio dell'umanità, per quanto mi riguarda) e dei turcinieddi leccesi, mi lanciai senza paura alcuna su questa prelibatezza. Ma il mio entusiasmo si smorzò subito quando misi in bocca la prima fetta di salume: il sapore era francamente troppo forte, persino per me.
La lasciai nel piatto e in seguito non ebbi più il coraggio di assaggiarne ancora, neanche per levarmi il dubbio se fosse stata magari quella andouillette lì in particolare a disgustarmi (eppure era garantita «AAAAA», una specie di marchio di qualità concesso dall'Associazione Amici e Amatori dell'Andouillette Autentica).
Qualche tempo dopo, a cena con amici italiani a Parigi, mi venne sollecitato un parere sull'andouillette. Io risposi un po' evasivamente, ma aggiunsi, subdolo: «de gustibus», con l'obiettivo dissimulato di ottenere una seconda opinione, anche se indiretta, sulla pietanza. Umberto, da buon sardo amante di frattaglie, non si tirò indietro e cadde nella mia trappola [1]. L'andouillette alla brace arrivò bella fumante tra effluvi piuttosto sgradevoli e inquietanti. Ci guardammo negli occhi, un po' imbarazzati, poi Umberto inforchettò il primo pezzo di salume, lo mandò giù, e con la sua consueta franchezza esclamò: «Ma... sa di merda!».
Ecco il vero problema dell'andouillette: l'odore intenso e un certo retrogusto fecale costituiscono un ostacolo, IMHO, veramente insormontabile.
Ma la storia non finisce qui. A dicembre, durante un brevissimo viaggio a Lione, mi ricapita l'andouillette nel menu de Le Nord, una vecchia brasserie ripresa da Paul Bocuse, e stavolta mi dico: ma sì, via, proviamo; tanto più che avevo letto sulla Routard che l'andouillette di Lione, a differenza delle altre, è fatta con la trippa di vitello (ed avevo subito realizzato, come in un lampo, che le altre andouillettes sono fatte invece con trippa e interiora di porco, cosa che secondo me influisce non poco sul sapore finale).
L'andouillette de Lyon, che ho mangiato alla brace con salsa alla senape, si è infatti rivelata davvero niente male; anche se nell'aria aleggiava un odore un po' pungente, il gusto era di trippa. Piuttosto deciso, a dir la verità, ma sempre trippa era.
Édouard Herriot - tre volte Presidente del Consiglio della Terza Repubblica Francese, più volte ministro, sindaco di Lione per quasi 50 anni - soleva dire: «La politica è come l'andouillette: deve saper di merda, ma non troppo».
L'andouillette de Lyon, che ho mangiato alla brace con salsa alla senape, si è infatti rivelata davvero niente male; anche se nell'aria aleggiava un odore un po' pungente, il gusto era di trippa. Piuttosto deciso, a dir la verità, ma sempre trippa era.
Édouard Herriot - tre volte Presidente del Consiglio della Terza Repubblica Francese, più volte ministro, sindaco di Lione per quasi 50 anni - soleva dire: «La politica è come l'andouillette: deve saper di merda, ma non troppo».
[1] A onor del vero, la cosa fu facilitata dal menu ridotto del ristorante e dalla dieta piuttosto stretta a cui si stava sottoponendo a causa di svariate intolleranze alimentari.
21 febbraio 2011
7 febbraio 2011
The ones that never knock
Opportunità di carriera e sciocca servitù linguistica volontaria
Il mio (ex) coordinatore del Dottorato in filosofia mi inoltra un foglio informativo (a sua volta inoltratogli da un altro professore su «un’iniziativa di interesse» per dottorandi e dottori al fine, dice, «dell’inserimento nel mondo della ricerca e del lavoro». Il foglio in questione proviene dalla società Emblema s.r.l. che mi offre di iscrivermi ad una Borsa della Ricerca.
Ora, io non è che vengo da’ montagna de’r sapone e non mi rendo conto che in questo mondo tutto si compra e si vende e tutto ha un prezzo, figuriamoci. E non sto nemmeno a questionare quanto possa valere in una «borsa di compravendita della ricerca» un dottorato in filosofia, visto che la domanda è altresì retorica. Il punto che ha attirato la mia attenzione è piuttosto un altro, e cioè la lingua di questo foglio informativo.
La società Emblema s.r.l. (dalla cui Pressroom del loro sito scopro, fra l'altro, che organizzano Career Days e Road Shows per parlare di placement e di recruiting) mi dice che intende
«costruire un network tra i ricercatori (gruppi, dottori di ricerca o spin off) e R&D managers, attraverso un format di interazione originale in grado di favorire concretamente il trasferimento di tecnologia ed innovazione».
«costruire un network tra i ricercatori (gruppi, dottori di ricerca o spin off) e R&D managers, attraverso un format di interazione originale in grado di favorire concretamente il trasferimento di tecnologia ed innovazione».
Se mi iscrivo a questa Borsa della Ricerca avrò dunque immediatamente a disposizione:
«Una Personal Page»
«Un Wall365, sistema di messaggistica per favorire il networking tra dottori e sviluppare sinergie. Una bacheca virtuale per gestire con continuità le relazioni tra ricercatori ed imprese, proprio come in un social network.»
«DOC: come trovare lavoro partendo dal proprio know how. Da marzo sarà possibile candidarsi ad inserzioni di lavoro e verrà attivato il matching con le aziende.»
«Coaching: eventi on line (webinars) sulle tematiche della ricerca e dell’orientamento al lavoro, ma anche una serie di servizi di consulenza personalizzati. I webinars potranno essere visti in streaming o in differita.»
La società Emblema s.r.l. (che secondo me muore dalla voglia di chiamarsi Emblem Ltd., ma purtroppo la legge non glielo permette ancora), mi consiglia di iscrivermi subito perché «questo strumento rappresenta una novità concreta per l’orientamento al lavoro: webinars e servizi di consulenza personalizzati per imparare a comunicare e a presentarsi in modo efficace. Self branding, autoimprenditorialità, social networks e molto altro».
Più passa il tempo e più nutro simpatie per la conservatrice e retrograda battaglia dei francesi per salvaguardare la loro lingua.
2 novembre 2010
1 ottobre 2010
TV e politica. Del pubblico e del privato
In Francia, in questi giorni, fa notizia uno scambio di cortesie tra il deputato PS Arnaud Montebourg e il Direttore Generale di TF1, prima tv privata francese di proprietà del colosso dell’edilizia e delle telecomunicazioni Bouygues. Il deputato PS avrebbe dichiarato ad un giornalista, a microfoni spenti, che è il momento di «picchiare duro su TF1: è la tv della destra, la tv che veicola idee che distruggono la Francia; è la tv dell’individualismo, la tv dei soldi, la tv del martellamento sull’insicurezza». Il microfono però non era spento e la dichiarazione fa il giro del web. Nonce Paolini, direttore di TF1, manda allora al deputato una richiesta di scuse per le sue parole, giudicate “inammissibili”. Arnaud Montebourg, nella lunga lettera che invia in risposta, non solo non si scusa ma attacca ancora più a fondo la politica culturale di TF1: «Se c’è qualcuno che deve presentare delle scuse - dice Montebourg - è piuttosto TF1 che deve scusarsi con la Francia intera». Di seguito una serie di estratti piuttosto interessanti dalla lettera del deputato PS che può essere letta integralmente qui:
Il canale che lei dirige utilizza a fini commerciali il dominio pubblico herziano, proprietà pubblica che appartiene alla Nazione intera. Di questa proprietà, TF1 e i suoi azionisti sono, secondo la legge, solamente utilizzatori a titolo precario e concessionari fragili ed effimeri. Lo sguardo libero e intransigente di un rappresentante della nazione sul comportamento di un canale che fa un utilizzo contestabile di questo bene pubblico, è parte dei suoi doveri politici e morali elementari. TF1 non ha altra scelta che accettare, piaccia o meno, ogni critica pubblica del suo operato, poiché la televisione rimane un bene collettivo appartenente a tutti i francesi, anche quando essa si esercita nella forma dell’impresa privata che lei presiede. […]
I rapporti di vicinanza politica tra l’orientamento editoriale di TF1 e il potere attuale pone il problema, in una democrazia, del rispetto del pluralismo e della separazione degli interessi pubblici da quelli privati. TF1, a questo proposito, ha una lunga, per così dire, fedina penale, costituita da richiami all’ordine e sanzioni per violazione delle regole del pluralismo politico. Ultimamente, lei ha ritenuto di dover dare la parola per più di 2 ore al Presidente della Repubblica, capo del partito di maggioranza, in un orario di massimo ascolto, lasciando soltanto 4 minuti alla replica della principale dirigente dell’opposizione. Ancora, secondo il Consiglio Superiore degli Audiovisisivi, nel primo trimestre 2010, cumulando TF1 e LC1, il vostro canale di informazione, lei ha offerto 32 ore di tempo di parola al Presidente della Repubblica, al Governo e all’UMP contro 8 ore ai membri dell’opposizione. […]
L’enormità delle violazioni, la pesantezza delle sanzioni e la ripetizione delle infrazioni da più di quindici anni mi portano a considerare la condotta di TF1 come un continuo disprezzo delle nostre leggi e delle nostre regole. Malgrado questi comportamenti biasimevoli, TF1 ha nondimeno ottenuto dai governi e dalle maggioranze parlamentari che si sono succeduti numerosi privilegi e vantaggi indebiti: attenuazione del dispositivo anticoncentrazione, rinnovamento automatico della concessione senza bando di concorso, diritto a una seconda interruzione pubblicitaria durante i film, introduzione forzata sulla tv digitale terrestre - che ha provocato le vive reazioni dei suoi concorrenti. […] TF1 esercita, con la complicità dello Stato, un monopolio privato vantaggioso e incontrollabile su un bene pubblico.[...]
Ma non sono questi i problemi più gravi. Sul piano culturale, bisogna ricordare i danni considerevoli che il suo canale ha provocato sulla visione che i francesi hanno di loro stessi e della nostra società contemporanea. Io mi permetto di sostenere, come è giusto che un rappresentante della Nazione possa farlo, che lei ha partecipato con metodo e costanza all’impoverimento dell’immaginario collettivo dei Francesi. Nella settimana dal 29 settembre al 5 ottobre 2010, lei ha scelto di consacrare 41 ore e mezzo a trasmissioni legate al denaro, televendite o giochi il cui motore principale è l’allettamento del lucro. Le relazioni tra gli uomini non dipendono unicamente dal denaro e una società non potrà mai ridursi a ciò. Eppure su TF1 il denaro è sciaguratamente ovunque. […]
Nel 1987, la società Bouygues aveva ottenuto il diritto di comprare TF1 facendo valere un preteso e sedicente “miglioramento culturale”. Il suo illustre predecessore, Patrick Le Lay, dichiarò, quasi 20 anni più tardi: “Quello che noi vendiamo a Coca-Cola è tempo disponibile del cervello umano”. Ricordo che qualche giorno dopo questa dichiarazione, la Società dei Compositori e degli Autori dichiarava: “Le parole del presidente di TF1 testimoniano del livello di degrado che può raggiungere la tv, sono segno di cinismo, disprezzo e arroganza.” […] Lei converrà con me che non è illegittimo pensare che il suo canale abbia una considerevole responsabilità nella degradazione del livello del dibattito democratico francese e della rappresentazione che i francesi hanno di loro stessi.
23 luglio 2010
Ha noi che ci danno (Spazio Azzurro Live in Lucca)
20 luglio 2010
Dirige l'orchestra il Maestro Robespierre
Qui si va in vacanza per un po'. Sarà una calda estate di matrimoni e battesimi. In attesa della classica rentrée, vi lasciamo con un doveroso omaggio all'Incorruttibile, festeggiamento un po' tardivo della presa della Bastiglia e di ogni battaglia giacobina (vera o presunta tale).
15 giugno 2010
Reti Sociali Vs. Social Network
Les réseaux sociaux, perché i francesi "tradurrebbero pure loro madre", diceva in un post Suibhne. Per carità, verissimo. Ma continuando a ruminare sul comparatismo culturale, mi è venuto in mente che pure gli spagnoli (quelli del perrito caliente, per intenderci) utilizzano comunemente il termine Redes Sociales. E mi risulta che anche i tedeschi abbiano un Soziales Netzwerk. Al mondo, dunque (lasciando perdere lingue di cui non ho alcuna cognizione), 400 milioni di ispanofoni + 200 milioni scarsi di francofoni + 100 milioni e più di germanofoni, hanno tradotto il famigerato termine “social network”. Ma non noi in Italia. Vista da questa prospettiva, la “mania traduttiva” dei francesi (e degli spagnoli) si riflette in uno “snobismo del quartierino” del nostro Bel Paese, rovescio della medaglia di uno spaventoso provincialismo. A cosa serve, infatti, l'utilizzo a tutti i costi di un termine inglese (pronunciato all’italiana, poi) se non ad alimentare una vanagloria di “saperne più degli altri” nel campo più innovativo del momento? Snobismo condito da una punta di elitarismo: perché mai dovrei utilizzare un termine inglese per spiegare a mia mamma che cosa sono le “reti sociali”?
Poco tempo fa, ad un seminario all’Università di Pisa, un collega, prima del mio intervento, mi ha domandato: "Hai preparato l’End Out?". La prima cosa a cui ho pensato è stata: "madonna quanto sono ignorante!". A mente fredda, mi sono poi subito chiesto perché mai le care vecchie “fotocopie” (avevo capito alla fine, dai gesti, di cosa si trattasse) si dovessero chiamare oggi, in una università italiana - e per giunta in un dipartimento di filosofia - “Handout” (ho poi scoperto il termine “reale”, e qui si dovrebbe aprire una parentesi sui danni dei termini inglesi pronunciati a cazzo di cane). E non sono riuscito a trovare nessuna risposta valida.
Poco tempo fa, ad un seminario all’Università di Pisa, un collega, prima del mio intervento, mi ha domandato: "Hai preparato l’End Out?". La prima cosa a cui ho pensato è stata: "madonna quanto sono ignorante!". A mente fredda, mi sono poi subito chiesto perché mai le care vecchie “fotocopie” (avevo capito alla fine, dai gesti, di cosa si trattasse) si dovessero chiamare oggi, in una università italiana - e per giunta in un dipartimento di filosofia - “Handout” (ho poi scoperto il termine “reale”, e qui si dovrebbe aprire una parentesi sui danni dei termini inglesi pronunciati a cazzo di cane). E non sono riuscito a trovare nessuna risposta valida.
Sarà senilità, ma sono sempre più convinto che non ci sia davvero nessun guadagno nell’abdicare totalmente e volontariamente alla ricchezza della propria lingua.
26 aprile 2010
La patria, ultimo rifugio dei conigli
- Cos'è per lei la patria?
- Mi spiace darti una risposta molto pacchiana. La mia unica patria sono i miei due figli, Lautaro e Alexandra. E forse, ma secondariamente, certi istanti, certe vie, certi visi o scene o libri che stanno dentro di me e che un giorno dimenticherò, che è la cosa migliore che si possa fare con la patria.
(Roberto Bolaño, Stella distante)
- Mi spiace darti una risposta molto pacchiana. La mia unica patria sono i miei due figli, Lautaro e Alexandra. E forse, ma secondariamente, certi istanti, certe vie, certi visi o scene o libri che stanno dentro di me e che un giorno dimenticherò, che è la cosa migliore che si possa fare con la patria.
(Roberto Bolaño, Stella distante)
19 aprile 2010
Tenetevelo e apponetevelo, altresì, dove vi pare
"Vi segnaliamo, altresì, che coloro i quali aderiranno alla cerimonia, dovranno portare una marca da bollo da €14,62, che dovrà poi apporsi sul relativo diploma all'atto di consegna.
Cordiali saluti"
9 aprile 2010
Non fa una piega
(Voglio dire: se io sono ex-patriato
tu allora sei ex-patria).
(da La grande rabbia, di Roque Dalton. Il resto della bellissima poesia la trovate qui, mirabilmente e meritoriamente tradotta da mirumir).
30 marzo 2010
Lettere Persiane /2
Don't want to be an American idiot
One nation controlled by the media
Information age of hysteria
It's calling out to idiot America
Welcome to a new kind of tension
All across the alien nation
Where everything isn't meant to be okay
Television dreams of tomorrow
We're not the ones who're meant to follow
For that's enough to argue.
One nation controlled by the media
Information age of hysteria
It's calling out to idiot America
Welcome to a new kind of tension
All across the alien nation
Where everything isn't meant to be okay
Television dreams of tomorrow
We're not the ones who're meant to follow
For that's enough to argue.
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arco
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tags: (r)esistenze, biùtiful cauntri, elezioni, emozioni, epidermicamente, il belpaese che è il mio, inferno, kultura, lettere persiane, memoria, mi tube es tu tube, suoni
2 marzo 2010
Immigrati di ieri e di oggi
Alla "giornata senza immigrati", davanti all'Hôtel de Ville, un gruppo di Ritals odierni ricordava quando gli immigrati eravamo noi: Cavanna, Platini, Pertini e Michel Colucci (o, come dicevan tutti, Coluche), i testimonial di questa manifestazione di solidarietà, dietro lo striscione "Siamo tutti immigrati".
22 gennaio 2010
Una frase, manco un rigo
Et ce pays frappé d'amnésie.
(Tahar Ben Jelloun, Moha le fou, Moha le sage, Seuil, 1978)
12 gennaio 2010
Souvenirs de Noël
Montaigne! toi qui te piques de franchise et de vérité, sois sincère et vrai si un philosophe peut l’être, et dis-moi s’il est quelque pays sur la terre où ce soit un crime de garder sa foi, d’être clément, bienfaisant, généreux ; où l’homme de bien soit méprisable, et le perfide honoré.
(Jean-Jacques Rousseau, Émile ou de l’Éducation)
Avanti il prossimo, si sta facendo scuro
(Jean Fabry, Capra&Cavoli)
- Non riconosco più questo paese. I suoi abitanti (giacché "cittadini" è termine che implica un grado di coscienza che non scorgo più) sono stati conquistati da un populismo desolante, lobotomizzati dal qualunquismo spaventoso dei discorsi del Potere. Questi discorsi! Ah, li sento ovunque, tutti uguali. Moltiplicati come un virus mortale, hanno estirpato dalla coscienza degli abitanti di questo paese ogni barlume di umanità, lasciandoli vegetare in una palude infetta di ignoranza, grettezza, cafonaggine, odio verso i deboli, gli stranieri, i diversi e viltà e sottomissione verso i potenti. Questi uomini e queste donne sono morti per sempre, cara Edelmira, e non fosse per l'azzurro profondo dei Vostri occhi, non proverei alcun rimorso se la più spettacolare delle eruzioni ricoprisse domani di un grigio sudario questa landa desolata.
- Non dite sciocchezze, Don Augusto. Le vostre parole piene di rancore non raggiungeranno mai il mio cuore puro, quand'anche i vostri maldestri complimenti riuscissero a trarmi in inganno. Quelli come voi sono stati condannati dalla Storia e si rifiutano di guardare in faccia la realtà. Ma non li vedete come camminano per le strade, vestiti bene e all'ultima moda? Guardateli, mentre ammirano le vetrine e riempiono caffè e ristoranti. Questo è un paese operoso, Don Augusto, un paese ricco e felice, dove non c'è posto per chi semina discordia attraverso il nichilismo.
- Se questo è il vostro ultimo pensiero, arrivederci, cara Edelmira.
- Addio, Don Augusto.
- Non dite sciocchezze, Don Augusto. Le vostre parole piene di rancore non raggiungeranno mai il mio cuore puro, quand'anche i vostri maldestri complimenti riuscissero a trarmi in inganno. Quelli come voi sono stati condannati dalla Storia e si rifiutano di guardare in faccia la realtà. Ma non li vedete come camminano per le strade, vestiti bene e all'ultima moda? Guardateli, mentre ammirano le vetrine e riempiono caffè e ristoranti. Questo è un paese operoso, Don Augusto, un paese ricco e felice, dove non c'è posto per chi semina discordia attraverso il nichilismo.
- Se questo è il vostro ultimo pensiero, arrivederci, cara Edelmira.
- Addio, Don Augusto.
(Edelmira Thompson de Mendiluce, Il secolo che ho vissuto, Buenos Aires, 1968)
9 gennaio 2010
Lettere Persiane
Durante l'ultima lezione, una mia allieva, notando l'orario di una scuola media riportato sul libro, mi dice:
- Ma cosa vuol dire "religione"? C'è un'ora di religione, a scuola, in Italia?
- Beh, sì.- Ma cosa vuol dire "religione"? C'è un'ora di religione, a scuola, in Italia?
- Ma nelle scuole pubbliche?
- Sì.
- Ma che cos'è? Cioé, si fa "storia delle religioni", oppure...
- Oppure.
(A quel punto, sui volti del mio uditorio, che va dai 25 ai 75 anni, si comincia a dipingere un'espressione basita, come se dietro le quinte, uno sceneggiatore autistico premesse freneticamente il dito sul tasto F4).
- Cioé, si insegna la religione cattolica.
- Sì, la religione cattolica.
- Ma fino al liceo?
- Sì.
- E chi la insegna?
- Spesso, almeno ai miei tempi, erano dei preti o delle suore che facevano lezione (scopro poi che nel a.s. 2008/2009 gli ecclesiastici si sono ridotti fino al 13%. La crisi delle vocazioni, pare).
- Ah.
- Oppure dei laici scelti direttamente dalla curia (oramai la curia sceglie solo il 30% degli insegnanti, dopo il provvido intervento dell'ex-ministro Fioroni del 2003, ma si riserva comunque il diritto di revocare l'idoneità dell'insegnante).
- Ah.
- E vengono pagati dallo Stato.
- Allora in Italia non c'è la separazione tra la Chiesa e lo Stato.
- Beh, diciamo che è un punto che fa discutere. Ci sono opinioni diverse. C'è un concordato, tra l'Italia e il Vaticano, che prevede, tra le altre cose, l'ora di religione.
- Ma è obbligatoria?
- No. Se uno non la vuole fare, non la fa.
- Ma allora non è del tutto facoltativa.
- Ma sì. Se uno non vuole, si avvale del diritto di non farla e può fare una disciplina alternativa, oppure niente.
- Sì, ma di default c'è la religione cattolica.
- Sì.
- E quanti sono quelli che non la fanno?
- Pochi, credo (un 9% sul territorio nazionale, che va dal 18,3 della Toscana all'1,5 di Basilicata e Campania).
- L'anno scorso sono stata in Italia e ho assistito all'inaugurazione di una Biblioteca Universitaria, di un'università pubblica. C'era il sindaco, il prefetto, ma anche il Vescovo, che ha benedetto la Biblioteca.
- Bé, è normale... Qui in Francia è diverso. Immaginate una nuova biblioteca della Sorbona inaugurata dal Sindaco di Parigi, dal Prefetto, dal Rettore e dal Vescovo...
(Risate)
... che la benedice.
(Risate più forti).
- E' una cosa che non possiamo nemmeno immaginare.
- Eh no. Sapete, l'Italia è un paese profondamente cattolico.
E mentre pronunciavo quest'ultima frase, mi balenava in mente una pubblicità vista a natale in TV: "Crocifissi da collezione. Un'opera straordinaria in 30 fascicoli. In regalo, con il primo fascicolo a soli 4 euro e 99, il Crocifisso di Cimabue. Da Hobby&Work".
Amen.
- Cioé, si insegna la religione cattolica.
- Sì, la religione cattolica.
- Ma fino al liceo?
- Sì.
- E chi la insegna?
- Spesso, almeno ai miei tempi, erano dei preti o delle suore che facevano lezione (scopro poi che nel a.s. 2008/2009 gli ecclesiastici si sono ridotti fino al 13%. La crisi delle vocazioni, pare).
- Ah.
- Oppure dei laici scelti direttamente dalla curia (oramai la curia sceglie solo il 30% degli insegnanti, dopo il provvido intervento dell'ex-ministro Fioroni del 2003, ma si riserva comunque il diritto di revocare l'idoneità dell'insegnante).
- Ah.
- E vengono pagati dallo Stato.
- Allora in Italia non c'è la separazione tra la Chiesa e lo Stato.
- Beh, diciamo che è un punto che fa discutere. Ci sono opinioni diverse. C'è un concordato, tra l'Italia e il Vaticano, che prevede, tra le altre cose, l'ora di religione.
- Ma è obbligatoria?
- No. Se uno non la vuole fare, non la fa.
- Ma allora non è del tutto facoltativa.
- Ma sì. Se uno non vuole, si avvale del diritto di non farla e può fare una disciplina alternativa, oppure niente.
- Sì, ma di default c'è la religione cattolica.
- Sì.
- E quanti sono quelli che non la fanno?
- Pochi, credo (un 9% sul territorio nazionale, che va dal 18,3 della Toscana all'1,5 di Basilicata e Campania).
- L'anno scorso sono stata in Italia e ho assistito all'inaugurazione di una Biblioteca Universitaria, di un'università pubblica. C'era il sindaco, il prefetto, ma anche il Vescovo, che ha benedetto la Biblioteca.
- Bé, è normale... Qui in Francia è diverso. Immaginate una nuova biblioteca della Sorbona inaugurata dal Sindaco di Parigi, dal Prefetto, dal Rettore e dal Vescovo...
(Risate)
... che la benedice.
(Risate più forti).
- E' una cosa che non possiamo nemmeno immaginare.
- Eh no. Sapete, l'Italia è un paese profondamente cattolico.
E mentre pronunciavo quest'ultima frase, mi balenava in mente una pubblicità vista a natale in TV: "Crocifissi da collezione. Un'opera straordinaria in 30 fascicoli. In regalo, con il primo fascicolo a soli 4 euro e 99, il Crocifisso di Cimabue. Da Hobby&Work".
Amen.
12 dicembre 2009
Confine di Stato
Leone spiegava con perizia: "Vedi, amico, le cose andranno così: noi faremo quello che dobbiamo fare. Lo faremo bene, talmente bene che la gente crederà che siano stati i rossi a farlo. A quel punto sarà il popolo a chiederci di intervenire. E se i piani alti non saranno d'accordo..."
Sterling finì la frase: "Allora saranno cazzi amari".
Leone sorrideva. Accese una papier mais: "Colpo di Stato, amico. Puro e semplice. Siamo armati, addestrati. Abbiamo i mezzi, gli uomini e la capacità. Ci prenderemo il Paese in una notte. E cacceremo i comunisti a calci in culo."
Sterling, alzando il bicchiere colmo di Pernod: "Volesse Iddio!".
Leone, occhi di ghiaccio: "Gott mit uns, camerata".
La notte tra l'11 e il 12 dicembre non dormì nessuno. Troppa tensione, troppi dettagli da ripassare. Qualche ora di sonno al mattino del 12. Le polveri avrebbero preso fuoco alle 16.00.
Sterling finì la frase: "Allora saranno cazzi amari".
Leone sorrideva. Accese una papier mais: "Colpo di Stato, amico. Puro e semplice. Siamo armati, addestrati. Abbiamo i mezzi, gli uomini e la capacità. Ci prenderemo il Paese in una notte. E cacceremo i comunisti a calci in culo."
Sterling, alzando il bicchiere colmo di Pernod: "Volesse Iddio!".
Leone, occhi di ghiaccio: "Gott mit uns, camerata".
La notte tra l'11 e il 12 dicembre non dormì nessuno. Troppa tensione, troppi dettagli da ripassare. Qualche ora di sonno al mattino del 12. Le polveri avrebbero preso fuoco alle 16.00.
(Simone Sarasso, Confine di Stato)
25 novembre 2009
Questione di stile

Certo queste discussioni lasciano il tempo che trovano e sono anche un po' la manifestazione di quanto i francesi (come i piemontesi – mia faza mia raza) siano "falsi e cortesi".
Ma io non posso fare a meno di immaginare un'ipotetica, composta reazione ufficiale del nostro Ministro della Difesa – ove la cosa fosse capitata alla Squadra Azzurra, ai Nostri Ragazzi – davanti alla richiesta dell'Irlanda di rigiocare la partita (reazione che sarebbe stata certamente approvata dal 72% degli italiani): "Cari amici irlandesi, ce la potete sucare".
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